martedì 2 ottobre 2018

RILIQUIDAZIONE DELLE PENSIONI

L'INPS SBAGLIA  I  CALCOLI  SULLE  PENSIONI DEI MILITARI E DELLE FORZE DI POLIZIA - SOCCOMBE INNANZI AI RICORSI PRESENTATI

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Le sentenze di alcune Corti Contabili stanno rimettendo in discussione l'applicazione dell'aliquota di percentuale calcolata ai fini pensionistici, per Militari, Carabinieri, Finanzieri etcc.
Chi , al 31 dicembre 1995 non ha fatto valere un’anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni, è destinatario del sistema di calcolo pensionistico c.d. “misto”. 
Chi ha maturato alla data del 31 dicembre 1995 un’anzianità - in attività di servizio - di più di 15 anni e meno di 20 anni di servizio utile, secondo le sentenze di alcune Corti dei Conti, deve essere destinatario del trattamento previsto dall’art. 54 del d.P.R. n. 1092/73, per il quale “la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile”. 
Tuttavia, il trattamento pensionistico in godimento calcolato fino ad ora dall'INPS, è quello più sfavorevole dell'aliquota di cui all’art. 44 del medesimo d.P.R. per il quale “la pensione spettante al personale civile con l’anzianità di quindici anni di servizio effettivo è pari al 35 per cento della base pensionabile ... aumentata di 1,80 per ogni ulteriore anno di servizio utile fino a raggiungere il massimo dell’ottanta per cento”. Inoltre, secondo l'interpretazione dell'INPS , la base di calcolo del 44% si applicherebbe esclusivamente alle pensioni liquidate interamente su base retributiva.
La Corte dei Conti per la Regione Sardegna, rivedendo alcune sue decisioni precedenti, decideva in senso favorevole all'accoglimento della tesi del ricorrente, consentenza n. 2 del 4 gennaio 2018; Sez. giur. Sardegna, 4 aprile 2018, n. 68; in termini analoghi.
Come è incontestato, la pensione del ricorrente veniva liquidata con il cd. sistema misto (retributivo/contributivo), poiché l’interessato, alla data del 31 dicembre 1995 (art. 1, comma 13 legge n. 335/1995), non possedeva un’anzianità contributiva di almeno diciotto anni. 
Conseguentemente, il suo trattamento di quiescenza veniva liquidato secondo il sistema delle quote di cui al precedente comma 12 della disposizione citata, il quale prevede che “per i lavoratori iscritti alle forme di previdenza di cui al comma 6 che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un’anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, la pensione è determinata dalla somma: 

a) della quota di pensione corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data; 
b) della quota di pensione corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo”. 

La questione dell’aliquota di rendimento applicabile si pone, come è evidente, esclusivamente per la quota A, ovverosia quella calcolata con il sistema retributivo. 
Giusta il disposto della norma, al suddetto fine va fatta applicazione della normativa vigente alla data del 31 dicembre 1995. 
Nel caso del personale militare, l’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, vigente alla data del 31 dicembre 1995, prevede che “la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo (comma 1). La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo (comma 2)”. 
Pertanto, la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Sardegna, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e, per l’effetto, dichiara il diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione in godimento con applicazione, sulla quota calcolata con il sistema retributivo, dell’aliquota di rendimento di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, con interessi legali e rivalutazione monetaria.
Dello stesso avviso si sono espresse la stessa Corti per la Regione Calabria eCorte per la Regione Toscana.

G.L.

lunedì 6 agosto 2018

MORTI IN UN PAESE NON IN GUERRA - LA STORIA DEI NOSTRI MILITARI E DELLE NOSTRE FORZE DI POLIZIA

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Riportiamo l'intervista di Rory Capelli per repubblica fatta al collega del militare suicidatosi alcuni giorni fa a Roma, perché vera, reale ed essenziale. Fa capire quali siano gli effettivi problemi all'interno delle forze armate e di Polizia e, seppur questo argomento sia stato da noi già trattato, crediamo necessario riproporre alcune riflessioni. In gioco, in un paese non in guerra,  è la vita dei nostri ragazzi, che patiscono l'inerzia di chi dovrebbe averne cura, a tutti i livelli. Perché tutti questi suicidi? Ormai non si contano più, tra Forze Armate e Forze di Polizia,  e nessuno mostra la reale intenzione di voler affrontare il problema. Ogni morte ha un proprio retroscena e, guarda caso, le ipotesi avanzate costantemente sono: "problemi familiari, sentimentali, finanziari, ecc.”, sempre e solo legati alla sfera individuale.
Ma è veramente così? Noi diciamo di NO, o meglio, NON SEMPRE è così.

Si può meglio capire dalle risposte del militare al cronista di Repubblica quali siano i reali problemi. La vita militare e nelle forze di polizia è compressa, piena di insidie e di un notevole fattore ansiogeno, discendente dallo stress a cui gli operatori vengono esposti. I più potranno pensare che questo carico di stress derivi esclusivamente della peculiarità del loro lavoro, ma non è così, i problemi maggiori giungono dal rapporto insistente all'interno dell'organizzazione, ove i doveri sono in prima fila ed i diritti trovano spazio nelle mere concessioni dei superiori. Il diritto non può essere un  conferimento della scala gerarchica o discendere dal potere decisionale del proprio superiore, perché in tal caso non sarebbe più un diritto, ma una concessione, soggetta quindi a discrezionalità. Non si può vivere in questo modo, non ci si può sempre appellare alle esigenze di servizio per negare un diritto o anche solo venir meno alle necessità personali e familiari del militare. Ricordiamoci che i più svolgono il loro lavoro lontani dalle proprie famiglie e dalle loro case e spesso trovano notevoli difficoltà anche nel poter fruire la loro licenza nei periodi richiesti, perché anche questa è legata alle esigenze di servizio, per lo più opinabili e non reali, ma sovente è solo una definizione usata impropriamente da chi la palesa.
"Recuperi riposi" non gestibili dallo stesso fruitore, straordinari non pagati e recuperati in momenti non richiesti, regolamento di disciplina militare (antiquato) spesso interpretato in maniera restrittiva e da "ancien regime", trasferimenti a domanda stentatamente accoglibili, note caratteristiche che lasciano spazio alla più ampia discrezionalità, meritocrazia  legata solo al grado e alle proprie doti di "savoir vivre", concorsi interni condizionati da punteggi derivanti dalle anzidette note ed "encomi", spesso non prettamente obiettivi, circolari interne in alcuni casi  contra legem, che vengono considerate più rilevanti della legge stessa. Sono solo un corollario di problemi cui l'operatore, specie quello che fa il c.d. servizio "di strada" (o "di trincea" , se si preferisce) si scontra quotidianamente, e che di frequente deve sottoporre a quadri intermedi (gerarchia immediatamente superiore) che il servizio di strada non sanno manco cosa sia...
Perché un operatore deve aspettare dieci anni prima di fare domanda di avvicinamento? Perché alcuni regolamenti interni osteggiano l'avvicinamento presso il luogo di nascita? Perché per studiare o dare gli esami, nonostante le disposizioni di legge diano tempo e spazio e incentivi di carriera all'operatore-studente, devono esserci reiterate richieste ed i relativi permessi sono fatti pesare come "concessioni" e non diventare una normalissima prassi di diritto? In una logica empirica qualcuno direbbe che chi lavora sulla strada ed è quotidianamente esposto ad aventi sfavorevoli dovrebbe avere una valutazione superiore da chi sbriga pratiche in ufficio o porta a spasso (autista) il superiore: ma credete che sia sempre così?
Vi siete chiesti , poi, perché i carabinieri indossano ancora la bandoliera? Ovviamente non si può pensare ad un'esigenza operativa ; quindi, a cosa servirebbe?
Vogliamo ancora utilizzare i nostri militari così agghindati come soldatini di piombo per far pavoneggiare i grossi papaveri ?
Cerchiamo di essere pragmatici e pensiamo alla reale utilità della bandoliera e utilizziamola solo per rappresentanza o manifestazioni di categoria, atteso che essa è un simbolo storico dell'Arma dei Carabinieri, ma lasciamo liberi gli operatori di essere agili e leggeri quando sono operativi.
Ancora: su cosa si basa la meritocrazia? Sulla capacità di svolgere al meglio il proprio lavoro, tenendo conto anche dei rischi a cui si viene esposti, o sulla capacità di affinare il rapporto con la scala gerarchica? Immaginiamo che molti, specialmente chi svolge questa attività, abbia già una risposta...
Sembrerebbero tutte cose fatue e non di gran conto , tali da non poter determinare decisioni così drammatiche in seno alla vita di un militare o di un agente di polizia, ma la realtà va vissuta e respirata all'interno delle stesse Istituzioni , per capire che tutto ha un peso e un significato. Dobbiamo dare più spazio agli uomini che vestono una divisa e capire che non è solo con l'autorità che ci si pone innanzi ai propri uomini, ma con l'autorevolezza che un buon Comandante si guadagna con la sua equanime diligenza nel gestire un reparto di uomini a lui affidato, pensando che ogni uomo ha una sua storia, una sua famiglia, una sua vita che deve essere vissuta con dignità ed onore, forte dei valori che queste Istituzioni dovrebbe esprimere, senza però eludere i Diritti Costituzionali su cui esse si devono basare.

In questa prospettiva vogliamo segnalare un caso emblematico, un esempio positivo di come un comandante possa essere autorevole e rispettato, senza affatto bisogno di essere autoritario. Alcuni anni fa , durante la notte, un alto ufficiale viene a sapere che un familiare di uno dei suoi dipendenti è scomparso di casa; subito dà ordine che vengano chiamati tutti i militari, in servizio e fuori servizio, spiegando la cosa e chiedendo che tutti vengano vestiti in mimetica per le ricerche. Dopo alcune ore di tensione crescente , durante le quali l'alto ufficiale è sempre stato fisicamente vicino al militare interessato, il familiare viene ritrovato da una pattuglia e riaccompagnato a casa con tutte le cure e le attenzioni del caso... Saggezza e lungimiranza del comandante: chiedendo un sacrificio a tutti, attraverso questo episodio virtuoso, egli ha cementato il gruppo facendoli sentire parte di un'unica famiglia e, proprio ricordandosi di essere un comandante, successivamente gli ha fatto raggiungere obiettivi di lavoro mai prima ottenuti.

Oggi più che mai, nell'organizzazione delle forze militari e di polizia, vi è necessità di un organismo terzo e non influenzabile, al quale gli operatori possano rivolgersi per qualsiasi problema che può nascere all'interno dell'ambito lavorativo, a difesa dei propri diritti costituzionali. E' ora che tutti gli operatori vengano agevolati nelle loro necessità e possano vivere in maniera serena la propria vita lavorativa, pensando che la battaglia si deve combattere fuori e non all'interno delle stesse Istituzioni a cui appartengono. Si spera che il vento di cambiamento che si respira in questo momento storico nel nostro Paese, dia nuova linfa e ispiri le Istituzioni Militari e civili a creare un rapporto con gli uomini che servono lo Stato che sia collaborativo, efficace e giusto nell'applicazione dei diritti a loro dovuti.
La nostra Associazione, che proprio ai principi ed ai diritti Costituzionali si ispira, sarà sempre al fianco degli operatori della difesa e della sicurezza, di qualunque grado e funzione.

GL .

martedì 20 marzo 2018

PEREQUAZIONE TRA PENSIONI E STIPENDI DI PERSONALE IN SERVIZIO


Si riporta parte della sentenza della Corte dei Conti della Puglia n. 53/2018

Nella presente situazione delle pensioni del settore pubblico, sembra non si possa individuare più l’esercizio di una discrezionalità legislativa nell’attuare – sia pur variamente – l’adeguamento costante tra i due tronconi del trattamento retributivo ( quello di attività e quello pensionistico ), ma che si debba parlare di una completa negazione di quel principio di “ solidarietà “ tra lavoratori e pensionati, cui si deve affiancare una solidarietà più ampia dell’intera collettività, come argomenta la sentenza costituzionale n. 226/1993; si tratta di principi che - aggiunge la sentenza –se non richiedono una rigorosa corrispondenza tra contribuzioni e prestazioni previdenziali esigono però un limite di ragionevolezza nel legiferare che sembra nella specie del tutto obliterato, non essendoci più alcuna commisurazione delle pensioni agli stipendi.
Né può essere dimenticato che se è vero – come la Corte costituzionale ha più volte rilevato – che il legislatore deve farsi carico della non illimitatezza delle risorse finanziarie, è anche vero che dalla natura retributiva del trattamento di quiescenza sembrano derivare conseguenze non trascurabili ai sensi dell’articolo 36 della Costituzione.
Per le ragioni sopra esposte non può condividersi l’orientamento seguito dalla prevalente giurisprudenza delle sezioni giurisdizioni e di appello della Corte dei conti.
Del resto, con riferimento ad analogo giudizio ( n. 27894), la stessa Amministrazione degli Interni non ha esperito appello avverso la sentenza di questo G.U.P., con cui è stato riconosciuto il diritto alla perequazione del trattamento pensionistico, evidentemente condividendo il ragionamento contenuto nella sentenza di accoglimento.
In applicazione, quindi, degli articoli 36 e 38 della Costituzione ritiene questo Giudice, per le considerazioni sopra espresse, che debba essere affermato il diritto del ricorrente alla perequazione del trattamento pensionistico, con aggancio ai miglioramenti economici concessi al personale di pari qualifica ed anzianità in attività di servizio.