Per
quanto attiene l'applicazione del C.d.s. nelle aree private soggette
al pubblico transito, ai fini delle violazioni commesse nel mancato
rispetto delle norme che regolano la circolazione stradale, si deve
far riferimento non tanto al concetto di proprietà della strada, ma
alla sua destinazione (Cass. Civ. Sez. III 17 aprile 1996, n. 3633).
Si
può aggiungere che, per destinazione si intende quella che il
soggetto, con un atto di volontà, implicito od esplicito, ha inteso
dare all'area di sua proprietà; nulla osta alla definizione di area
privata se su questa si svolge di fatto un passaggio abusivo di un
numero elevato di veicoli e di persone, ancorché si evinca
facilmente la destinazione dell'area. In pratica, deve esistere una
situazione di accesso di un numero indeterminato e indiscriminato di
persone che sia giuridicamente lecita. Un'area (concetto più
generale rispetto a quello di strada) privata, aperta alla libera
circolazione di un numero indeterminato di veicoli, viene equiparata
ad un area pubblica (Tar Puglia Sez. II 24 marzo 1994, n. 491) la
strada privata condominiale, pertanto, quale strada di pubblico
transito, deve soggiacere alle norme del D.Lgs. 30 aprile 1992,
n.285.
Tale
assunto ha comunque trovato definitivamente risposta nel
recente parere ( n. 2507/2016 del 29 aprile 2016) del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, che è intervenuto per fugare ogni
dubbio sulla validità delle
contestazioni alle violazioni del C.d.s. nelle strade private aperte
al pubblico.
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