martedì 16 settembre 2014

L'URANIO IMPOVERITO E LE SUE VITTIME.

tratto da www.adods.org

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Un interessante articolo apparso sul quotidiano “L' Unione Sarda” a firma di Maurizio Olandi, ha riaperto una ferita mai chiusa, che riporta alla mente la morte di Mauro Faedda e Maurizio Serra, due avieri sardi che non hanno ancora visto riconosciuti i propri diritti. La morte dei due giovani, come quella di tanti altri militari,  non può essere dimenticata. Loro sono  figli di  una terra (la Sardegna) violentata, sfruttata e non considerata. La loro sorte ha seguito un percorso quasi identico, come simili sono state alcune loro mansioni, fra le quali, raccogliere proiettili e residui bellici  a mani nude. Dispersivo sarebbe continuare a rimarcare la particolarità riguardante l'uranio e le polveri chimiche del munizionamento esploso, ma tali sono le coincidenze oggettive e temporali, da poterle considerare causa o concausa delle malattie insorte fra i militari che hanno svolto servizio nei poligoni sardi, nel caso dei due militari, quello di Capo Frasca.

La battaglia per poter vedere riconosciuti i diritti dei militari ad un equo risarcimento, appare impari e sicuramente difficile, ma la tenacia dell'avv. Antonio Siffu,  che rappresenta i due giovani, è uguale a quella di chi non può soccombere innanzi ad un nemico letale che ha ucciso e uccide i figli di questa terra. Non di meno è la battaglia che ormai da anni combatte l'ammiraglio Falco Accame, che con la sua associazione “ANAVAFAF” affronta le problematiche riguardanti l'uranio impoverito, che già troppe giovani vite di uomini con le stellette ha mietuto.

I giovani militari che hanno subito la medesima fine, sono ormai troppi , ancora da riconoscere come vittime della negligenza del Ministero della Difesa. Seppur uno squarcio di luce si sia intravisto nella determinazione di alcune sentenze favorevoli che hanno  riconosciuto il giusto risarcimento ad alcuni militari, la battaglia che vede contrapposti gli avvocati che perorano siffatte cause, appare irta e piena di ostacoli. Per le strutture militari è ammissibile morire in un teatro di guerra o  in missione, ma non è contemplabile l’ammissione di negligenze ed errori da parte delle strutture dirigenziali, sarebbe ammettere una responsabilità diretta nella morte dei propri uomini. Quindi, un doppio fallimento. 

SILENZIO RIFIUTO - CONSIDERAZIONI



Come è ben noto, nei giudizi sul silenzio dell’Amministrazione, il giudice amministrativo non può in linea di massima andare oltre la declaratoria di illegittimità dell’inerzia e l’ordine di provvedere; di conseguenza, gli resta in generale precluso il potere di accertare direttamente la fondatezza della pretesa fatta valere dal richiedente, sostituendosi all’Amministrazione stessa e esercitando una giurisdizione di merito di cui egli non è titolare in tale materia; peraltro, egli può sempre nell’ambito del giudizio sul silenzio conoscere dell’accoglibilità dell’istanza nelle ipotesi di manifesta fondatezza, allorché siano richiesti provvedimenti amministrativi dovuti o vincolati per i quali non ci sia da compiere alcuna scelta discrezionale che potrebbe sfociare in diverse soluzioni, fermo restando il limite dell’ impossibilità di sostituirsi all’Amministrazione; e - ancora -nell’ipotesi in cui l’istanza sia manifestamente infondata, sicché risulti del tutto diseconomico obbligare l’Amministrazione a provvedere laddove l’atto espresso non potrebbe che essere di rigetto (così, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 13 dicembre 2013 n. 5994). Detto altrimenti, perché sia consentito il ricorso avverso il silenzio dell’Amministrazione è essenziale che esso riguardi l’esercizio di una potestà amministrativa e che la posizione del privato si configuri come interesse legittimo, potendo infatti il silenzio-rifiuto può formarsi esclusivamente in ordine all’inerzia dell’Amministrazione su una domanda intesa ad ottenere l’adozione di un provvedimento ad emanazione vincolata ma di contenuto discrezionale (così Cons. Stato, Sez. V, 26 settembre 2013 n. 4793).