Come
è ben noto, nei giudizi sul silenzio dell’Amministrazione, il
giudice amministrativo non può in linea di massima andare oltre la
declaratoria di illegittimità dell’inerzia e l’ordine di
provvedere; di conseguenza, gli resta in generale precluso il potere
di accertare direttamente la fondatezza della pretesa fatta valere
dal richiedente, sostituendosi all’Amministrazione stessa e
esercitando una giurisdizione di merito di cui egli non è titolare
in tale materia; peraltro, egli può sempre nell’ambito del
giudizio sul silenzio conoscere dell’accoglibilità dell’istanza
nelle ipotesi di manifesta fondatezza, allorché siano richiesti
provvedimenti amministrativi dovuti o vincolati per i quali non ci
sia da compiere alcuna scelta discrezionale che potrebbe sfociare in
diverse soluzioni, fermo restando il limite dell’ impossibilità di
sostituirsi all’Amministrazione; e - ancora -nell’ipotesi in cui
l’istanza sia manifestamente infondata, sicché risulti del tutto
diseconomico obbligare l’Amministrazione a provvedere laddove
l’atto espresso non potrebbe che essere di rigetto (così, ad es.,
Cons. Stato, Sez. IV, 13 dicembre 2013 n. 5994). Detto
altrimenti, perché sia consentito il ricorso avverso il silenzio
dell’Amministrazione è essenziale che esso riguardi l’esercizio
di una potestà amministrativa e che la posizione del privato si
configuri come interesse legittimo, potendo infatti il
silenzio-rifiuto può formarsi esclusivamente in ordine all’inerzia
dell’Amministrazione su una domanda intesa ad ottenere l’adozione
di un provvedimento ad emanazione vincolata ma di contenuto
discrezionale (così Cons. Stato, Sez. V, 26 settembre 2013 n.
4793).
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