Corte di Cassazione Sezione civile, lavoro n. 13233/2013 del 28/5/2013
Questa
Corte ha più volte osservato che le pensioni godute dallo stesso
soggetto, che siano erogate da uno stesso istituto assicuratore o da
istituti diversi, una quale pensione diretta e l'altra quale pensione
ai superstiti, ineriscono a rapporti ben distinti, e questa
distinzione si estende anche alle eventuali integrazioni al minimo,
costituenti accessori della pensione in relazione a cui sono
dovute o di fatto sono corrisposte. Ne consegue che, in caso di riconoscimento della integrazione al minimo della pensione per cui questo beneficio effettivamente spetti, in base all'art. 6, terzo comma, del D.L. 12 settembre 1983 n. 463, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 1983 n. 638, non e esclusa l’operatività delle norme limitative della ripetizione, quali l’art. 52 della legge 9 marzo 1989 n. 88 e l’art 1, comma duecentosessantatreesimo, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 con riferimento alle somme che siano state erroneamente corrisposte a titolo di integrazione (anche per gli stessi periodi) su un'altra pensione (Cass. 27 aprile 2001 n. 6142; Cass. 12 maggio 2001 n. 6618; Cass. 18 dicembre 2001 n. 15996; Cass. 7 febbraio 2008 n. 2868; Cass. 17 ottobre 2011 n. 21427).
dovute o di fatto sono corrisposte. Ne consegue che, in caso di riconoscimento della integrazione al minimo della pensione per cui questo beneficio effettivamente spetti, in base all'art. 6, terzo comma, del D.L. 12 settembre 1983 n. 463, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 1983 n. 638, non e esclusa l’operatività delle norme limitative della ripetizione, quali l’art. 52 della legge 9 marzo 1989 n. 88 e l’art 1, comma duecentosessantatreesimo, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 con riferimento alle somme che siano state erroneamente corrisposte a titolo di integrazione (anche per gli stessi periodi) su un'altra pensione (Cass. 27 aprile 2001 n. 6142; Cass. 12 maggio 2001 n. 6618; Cass. 18 dicembre 2001 n. 15996; Cass. 7 febbraio 2008 n. 2868; Cass. 17 ottobre 2011 n. 21427).
Ne
consegue la inoperatività della compensazione, ed a maggior ragione
di quella impropria, stante la distinzione dei rapporti.
Non
avendo l’INPS neppure dedotto, e tanto meno provato, che nella
specie l’indebita percezione sia derivata da dolo dell’assicurata
(ex art. 52 L. n. 88/89), il ricorso deve pertanto respingersi.