L’art.
91 del codice di procedura civile afferma che, il giudice condanna, con
la sentenza che chiude il giudizio, la parte soccombente al rimborso delle
spese a favore dell’altra parte. La Corte di Cassazione
con sentenza n. 3595/2012 spiega
che essa va intesa nel senso che solo la parte interamente vittoriosa non può
essere condannata, neppure in minima parte, al pagamento delle spese legali, a
meno che non ricorra l’ipotesi di una reciproca soccombenza, in tal caso la
decisione viene rimandata all’ apprezzamento del giudice stesso, che
valuta la compensazione o meno delle spese. La decisione del giudice in tal
senso non è sindacabile in sede di legittimità.
sabato 19 maggio 2012
CLAUSOLE ABUSIVE NEI CONTRATTI FINANZIARI-CORTE EUROPEA A FAVORE DEL CONSUMATORE
Clausole abusive nei contratti tra consumatori
e professionisti (contratto finanziario): sì alla nullità dell’intero contratto
quando ciò garantisca una migliore tutela del consumatore. Lo stabilisce la
sentenza della Corte europea del 15 marzo 2012, causa C-453/10.
CARTELLA ESATTORIALE - NOTIFICA - DATI ESSENZIALI
Qualora nelle copie delle
relate di notifica vi siano incongruenze o manchino dati essenziali, deve
ritenersi nulla la cartella esattoriale.
A tal proposito i giudici,
richiamando un proprio precedente, hanno esplicitamente affermato
che“ai fini della validità della notifica ai sensi
dell'art. 148 cip.c., in caso di contrasto tra i dati risultanti dalla copia di
relata allegata all'originale e i dati risultanti dalla copia consegnta al
destinatario, occorre far riferimento alle risultanze
ricavabili dalla copia in possesso del destinatario , mentre, ove in questa
manchi qualche elemento essenziale, la sua presenza nella relata allegata
all'originale non è idonea ad escludere la nullità della notifica ai sensi
dell'art. 160 c.p.c.”(Cass.Sent.
n. 398/2012).
SANZIONE DISCIPLINARE A PROFESSIONISTA - DEVE CONTENERE L'AUTORITA' A CUI RICORRERE
La sanzione disciplinare notificata al professionista deve contenere l'autorità competente a cui proporre ricorso (art. 3 L. 241/90), altrimenti l'atto risulterebbe illegittimo, poiché violerebbe il diritto del destinatario alla possibilità della tutela giurisdizionale. (Cassazione n. 1776 dell' 8 febbraio 2012) .
Sull'argomento cfr. anche Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 711/2006, sulla possibilità di accedere ai documenti inerenti il procedimento disciplinare.
ACCESSO AGLI ATTI DI UNA DENUNCIA PRESENTATA ALL'A.G.
Ogni documento acquisito al fascicolo delle indagini
preliminari rimane soggetto al vincolo del segreto, ma solo alcuni atti
specificamente indicati dal legislatore, fra i quali non rientrano le denunce
presentate da comuni cittadini o da funzionari pubblici che non svolgano
funzioni di p.g. Di ciò ha preso atto anche la giurisprudenza amministrativa
che, in tema di diritto d’accesso, ha affermato che "non ogni denuncia di
reato presentata dalla pubblica amministrazione all'autorità giudiziaria costituisce
atto coperto da segreto istruttorio penale e come tale sottratta all'accesso,
in quanto, se la denuncia è presentata dalla pubblica amministrazione
nell'esercizio delle proprie istituzionali funzioni amministrative, non si
ricade nell'ambito di applicazione dell'art.329, c.p.p
AGENZIA DELLE ENTRATE - NOTIFICHE
Quando parliamo di materia
tributaria sappiamo che troveremmo comunque come controparte le agenzie delle
entrate , equitalia, etcc..
In questa circostanza la Corte
di cassazione, con la sentenza numero 1532 depositata il 2 febbraio 2012,
ha respinto le ragioni sollevate da Equitalia (cfr. ancheCass. Sent.
16412/2007). Nella fattispecie i giudici specificano che l'omessa notifica (
l'avviso di accertamento) , costituisce un vizio di procedura che comporta la
nullità di tutti gli atti successivi e/o conseguenti. Afferma pertanto la Corte
di Cassazione, il principio secondo il quale , non essendoci litisconsorzio, il
contribuente può citare indifferentemente in giudizio l’ente pubblico creditore
o la società concessionaria alla riscossione. Si cita sul punto l’art. 39 del
D.Lgs. 112/1999, a norma del quale si impone che il concessionario della
riscossione, se non vuole rispondere esso stesso della lite, deve chiamare in
causa l’ente creditore interessato, ove il contribuente non lo abbia fatto.
venerdì 18 maggio 2012
TRASPARENZA AMMINISTRATIVA
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi,
introdotto dalla legge 7 agosto1990 n. 241, a norma dell’art. 22, co. 2 della
stessa legge (come sostituito dall’art. 15 della legge 11 febbraio 2005 n. 15)
costituisce un principio generale dell’ordinamento giuridico, il quale si
colloca in un sistema ispirato al contemperamento delle esigenze di celerità ed
efficienza dell’azione amministrativa con i principi di partecipazione e di
concreta conoscibilità della funzione pubblica da parte dell’amministrato,
basato sul riconoscimento del principio di pubblicità dei documenti
amministrativi.
LA P.A. DEVE RISPONDERE AL CITTADINO
Ormai
sempre di più la giurisprudenza tende a condannare la pubblica
amministrazione silente nei confronti del cittadino, atteso che tale
comportamento viene ritenuto non conforme agli interessi pubblici cui essa è
deputata. Nel procedimento amministrativo è opportuno che l’amministrazione
pubblica risponda all’istanza del cittadino a prescindere che la stessa
richieda o meno una specifica situazione legittimante. La giurisprudenza
sancisce l’illegittimità del silenzio rifiuto, atteso che l’istante deve essere
comunque destinatario di una pronuncia, sia essa positiva, negativa o
interlocutoria da parte dell’autorità adita. ( Cons.Stato , Sez. VI, 5 marzo
1986 n. 237; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 25 giugno 1992n. 321; T.A.R. Puglia,
Lecce, Sez. I, 10 marzo 1997, n. 10; T.A.R. Lazio, IISez., 23 novembre 1993, n.
1440 )
RUMORI MOLESTI
I rumori molesti devono essere eliminati, anche quando questi derivano
dal movimento di un ascensore, in caso contrario, il condominio ne risponde per
i danni alla salute che ne derivano Corte di Cassazione Sez. Sesta Civ. - Sent. del
14.12.2011, n. 26898
EQUA RIPARAZIONE - PERDITA DI CHANCE
La Corte
di Cassazione, con sentenza n. 23240, dell'8 novembre 2011,
ha stabilito che, in un
processo troppo lungo, che danneggia la carriera
del ricorrente, questi deve essere
risarcito non solo dei danni morali, ma anche a di quelli patrimoniali
derivanti dalla perdita di chance.
L'AVVOCATO DEVE CONSEGNARE GLI ATTI AL CLIENTE
L’avvocato deve
consegnare gli atti in suo possesso al cliente o al nuovo avvocato di
fiducia nominato da quest’ultimo, qualora gli venga revocato il mandato. In
caso di inadempienza viola il dovere di lealtà e correttezza previsto dal
codice deontologico, esponendosi così alla sanzione della censura. Corte
di Cassazione Sez Unite n. 24080 del 17 novembre 2011.
TRASPARENZA AMMINISTRATIVA
Il
termine per le pubbliche amministrazioni di inserire sul proprio sito
istituzionale l’elenco dei documenti che l’istante ha l’onere di produrre a
corredo della domanda, per ciascun procedimento, è scaduto. L’obbligo
della trasparenza amministrativa in siffatta procedura è stato introdotto
dall’art. 6 del D.L. 70/2011, convertito in L. 106/2011, al fine di ridurre gli
oneri informativi a carico dei cittadini. L’obbligo è escluso solo per atti la
cui riproduzione è prevista da norme di legge o atti pubblicati sulla G.U.
La pubblica amministrazione, in caso di inadempienza,
non può rigettare l’istanza a causa della mancata produzione di un atto, ma
deve inviate l’istante a produrlo entro un certo termine. L’eventuale diniego
non preceduto da tale invito è nullo. Qualora le amministrazioni non abbiano adempiuto
alla procedura imposta, la responsabilità ricade sui dirigenti responsabili
CARTELLA ESATTORIALE MUTA
La Corte di Cassazione, con con sentenza
n. 21598 del 19 ottobre 2011, nel respingere il ricorso di un contribuente
che aveva presentato opposizione avverso delle cartelle di pagamento “mute”
(prive del responsabile del procedimento) notificate da equitalia, chiarisce che l’opposizione
esperibile è quella riguardante l’esecuzione, di cui all’art. 615 c.p.c. Gli
obblighi derivanti dall’art. 7 L.212/2000 di indicare il responsabile del
procedimento (Corte Cost. 377/2007) , la lo scopo primario di assicurare la
trasparenza nella preminente garanzia del diritto di difesa, principi di buon
andamento ed imparzialità garantiti dall’art. 97 della Costituzione. La stessa
Corte ribadisce che è esperibile l’opposizione ai sensi della L. 689/81 qualora
la parte deduca che la
cartella esattoriale è il primo atto notificatogli con il quale viene a
conoscenza di una precedente notifica
di ordinanza ingiunzione o del verbale di contestazione, mai ricevuti.
EQUA RIPARAZIONE - CALCOLI
Legge Pinto, i calcoli dell'equariparazione secondo
l'indirizzo giurisprudenziale impresso dalla Corte di Cassazione Sez. I
civ. n. 20689 del 7.10.2011.
REGISTRAZIONI FRA PRESENTI - LEGITTIME
I giudici della S.C. di Cassazione,con sentenza n. 18908 del 13 maggio 2011, nell'affrontare la questione relativa alle registrazioni
effettuate fra presenti e all'insaputa di uno di questi, ha ritenuto che le
stesse siano lecite, perché chi conversa accetta il rischio che la
conversazione sia documentata mediante registrazione, purché non sia violata la
privicy e non si diffonda per scopi diversi che non siano a tutela di un
diritto proprio o altrui.
Le videoregistrazioni sono prova documentale. Cass. Pen. 6812/2013.
Le videoregistrazioni sono prova documentale. Cass. Pen. 6812/2013.
CORTE EUROPEA - GIUDIZIO VINCOLANTE
Se
è in corso una causa nello Stato Italiano, il giudice nazionale deve tener
conto della giurisprudenza europea, così esprime la Corte di Cassazione con la
sentenza n. 19985 del 30 settembre 2011, che ha respinto il ricorso presentato
da un uomo che aveva chiesto i danni per essere stato diffamato su un noto
quotidiano.
La
Convenzione europea dei diritti dell'uomo deve essere applicata con effetto
immediato dal giudice nazionale chiamato a decidere , con effetto
conseguenziale della realizzazione dell'equo processo effettivo e paritario
nella sostanza processuale , così come indica l'art. 111, Co.1 della
Costituzione. Le sentenze della Corte di Strasburgo, pur avendo natura
dichiarativa, qualora divenute definitive consentono la richiesta risarcitoria
dei danni morali e materiali, in quanto precettive, la cui applicazione
dell'organo giudicante, non può discostarsi dall'interpretazione data dal
giudice europeo.
Vi
è quindi un vincolo che può cambiare l'istituto giuridico nel nostro paese,
avvicinandolo, sotto alcuni aspetti, a quello americano.
SCIA E DIA
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 15 del 29 luglio 2011 formula e precisa le differenze fra la SCIA e la DIA, osservando sulla loro natura giuridica.
USUCAPIONE
Con la sentenza n. 16914, depositata
il 2 agosto 2011, in materia di possesso eusucapione di beni
immobili (artt. 1140, 1158 c.c.) , la Corte di Cassazione ha
stabilito che su di un bene immobile di proprietà esclusiva di un
soggetto può ben crearsi una situazione di compossesso pro indiviso tra lo
stesso soggetto proprietario e un terzo, con il conseguente possibile acquisto,
da parte di quest'ultimo, della comproprietà pro indiviso dello stesso bene,
una volta trascorso il tempo per l'usucapione, nella misura corrispondente al
possesso esercitato.
DIRITTO DI ACCESSO AGLI ATTI DI UN ESPOSTO
Il T.A.R. Sardegna,
sez. II con sentenza n. 865 del 2 agosto 2011, si esprime in tal senso sul
diritto di accesso e sulla tutela della riservatezza dei firmatari di un
esposto.
In tema di bilanciamento tra il
diritto di accesso ai documenti amministrativi e la tutela dei terzi i cui dati
personali siano contenuti nella documentazione richiesta, deve ritenersi che le
esigenze di tutela della riservatezza dei firmatari di un esposto nei confronti
di un professionista, presentato al relativo ordine professionale, e del quale
il primo chieda l'ostensione, possano essere garantite mediante la mascheratura
dei nominativi. Il diritto all'accesso potrà quindi essere esercitato, dal
professionista interessato, con tale modalità (TAR Lombardia,Milano, sez.
IV,8.11.2004, n. 5716).
NOTIFICHE TRAMITE TELEFAX
Le Sezioni unite della Cassazione,
con sentenza n. 28451 del 19 luglio 2011 ha
affermato il principio secondo il quale le notificazioni possono essere
eseguite con telefax o altro mezzo idoneo ai sensi dell'art. 158 Co. 2 bis
c.p.p. La Corte, prendendo in esame alcune ipotesi, ha concluso per la
possibilità di eseguire notificazioni nei confronti del difensore, quale
domiciliatario, a qualsiasi titolo, dell'imputato oindagato, di atti o avvisi a
questi diretti.
Nella circostanza vengono
richiamate alcune pronunce della Corte costituzionale che evidenziano il
rapporto fiduciario che lega l'imputato al suo difensore e la doverosa
informazione da parte di quest'ultimo nei confronti del suo cliente e la
relativa comunicazione degli atti.
FILMARE IL VICINO PER TUTELARE I PROPRI DIRITTI E' LECITO
La Corte di Cassazione ,controvertendo i due precedenti
giudizi di primo e secondo grado, ha affermato, con la sentenza n. 25453/2011, che non si commette reato di interferenze illecite nella
vita privata e/o di molestie, da parte di colui il quale filma il vicino per
dimostrare un illecito civile . Nella fattispecie veniva filmato il vicino che
innalzava un muro di cinta di confine, in mancanza del rispetto delle prescrizioni
civilistiche. Innanzi ad un diritto leso,il privato ha diritto di documentare
con ogni mezzo l'evento. In un confronto fra interessi contrapposti la privacy
deve essere privilegiata solo se l'attività altrui fosse ritenuta di per sé indebita.
Le videoregistrazioni sono prova documentale. Cass. Pen. 6812/2013.
Le videoregistrazioni sono prova documentale. Cass. Pen. 6812/2013.
ESPROPRIAZIONE TERRENI
Espropriazione di terreni
Sebbene non pare dubbio che la trasformazione
del fondo determini l'acquisto della proprietà del bene da parte della Pubblica
Amministrazione che aveva dato corso all'espropriazione, non si configurano
elementi ostativi alla restituzione del terreno oggetto di espropriazione al
proprietario, ove non risultante la loro conformazione alla programmazione
originaria dell'opera (C. 10/6688)."
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE INERTE - INTIMAZIONE AD ADEMPIERE - NOMINA DI COMMISSARIO AD ACTA
La
Corte di Cassazione
con sentenza n. 8318/11, che ha dato torto al Comune di Milano nella causa
ha colto il ricorso della Fondazione Irccs, Istituto Nazionale dei Tumori,
contro il Comune di Milano, poiché nella bolletta veniva addebitato il servizio
di depurazione, inesistente..
In prima e seconda istanza, i giudici
nell'interpretare l'art. 14 della legge36/94, asserivano che vi fosse l'obbligo
del pagamento della tariffa anche in assenza del servizio di depurazione
dell'acqua.
La Suprema Corte, ha però controvertito i
giudizi di primo e secondo grado,accogliendo il ricorso dell'Istituto,
sostenendo che, "a fronte del pagamento della tariffa, l'utente riceve un
complesso di prestazioni consistenti, sia nella somministrazione della risorsa idrica,
sia nella fornitura dei servizi di fognatura e depurazione",perciò, se il
servizio non c'è, non va pagato. Anche la Corte Costituzionale con sentenza n.
335 del 2008 aveva ritenuto incostituzionale la norma che imponeva ai cittadini
il pagamento di un servizio di depurazione inesistente.
NON SI PAGA NELLA BOLLETTA DELL'ACQUA IL SERVIZIO DI DEPURAZIONE SE INESISTENTE
La
Corte di Cassazione
con sentenza n. 8318/11, che ha dato torto al Comune di Milano nella causa
ha colto il ricorso della Fondazione Irccs, Istituto Nazionale dei Tumori,
contro il Comune di Milano, poiché nella bolletta veniva addebitato il servizio
di depurazione, inesistente..
In prima e seconda istanza, i giudici
nell'interpretare l'art. 14 della legge36/94, asserivano che vi fosse l'obbligo
del pagamento della tariffa anche in assenza del servizio di depurazione
dell'acqua.
La Suprema Corte, ha però controvertito i
giudizi di primo e secondo grado,accogliendo il ricorso dell'Istituto,
sostenendo che, "a fronte del pagamento della tariffa, l'utente riceve un
complesso di prestazioni consistenti, sia nella somministrazione della risorsa idrica,
sia nella fornitura dei servizi di fognatura e depurazione",perciò, se il
servizio non c'è, non va pagato. Anche la Corte Costituzionale con sentenza n.
335 del 2008 aveva ritenuto incostituzionale la norma che imponeva ai cittadini
il pagamento diun servizio di depurazione inesistente.
giovedì 17 maggio 2012
STALKING ANCHE NEL CONDOMINIO
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 20895 del 25 maggio 2011 ha ravvisato la fattispecie dello stalking ai danni di coloro che siano destinatari di molestie, anche solo occasionalmente, in virtù della loro
appartenenza ad ungruppo sociale, un condominio.
AVVOCATI - DOVERI E RESPONSABILITA'
Corte di Cassazione, III sezione, sentenza n. 8312/2011
La terza sezione civile della
Cassazione ha accolto il ricorso di un uomo nei confronti di un avvocato che
gli aveva seguito una pratica di risarcimento per un incidente stradale. La Cassazione
con tale pronuncia ha sovvertito le pronunce del Tribunale di Torino e del Gdp,
le quali avevano respinto la domanda di risarcimento poiché il cliente non
aveva dimostrato di aver fornito i nomi dei testimoni; che l’avvocato aveva
comunicato al cliente il dispositivo della sentenza, dopo aver ricevuto la
comunicazione di cancelleria, e che l’omessa notizia della notificazione della sentenza
era irrilevante, poiché non vi erano motivi per impugnare.
La Cassazione, accogliendo il primo
motivo di ricorso censura l'attività del professionista in base al suo
comportamento, poiché in una causa da incidente stradale chiede la fissazione
dell' udienza di precisazione delle conclusioni senza avere dato corso alle
prove sulle modalità del fatto e sulla responsabilità, nonché sull'entità dei
danni, "è oggettivamente colposo e irresponsabile". Non solo.
Anche l'omessa comunicazione al cliente dell'avvenuta notificazione della
sentenza di condanna, fino a far decorrere il termine per impugnare,
costituisce grave negligenza e fonte innegabile di responsabilità
professionale.
“Rientra infatti nell’ambito
delle competenze specifiche dell’attività professionale e dei doveri di
diligenza, a cui tale attività deve essere improntata, a norma degli artt.
1176, I e II comma1e22362c.c.,la consapevolezza che la mancata prova degli
elementi costitutivi della domanda espone il cliente alla soccombenza”.
Salvo che l’avvocato “dimostri che
non ha potuto adempiere per fatto a lui non imputabile (art. 1218c.c.3)o di
aver svolto tutte le attività che nella particolare contingenza gli potevano
essere ragionevolmente richieste allo scopo”.
Un comportamento, peraltro,
aggravato dal fatto che il legale, dopo l'inevitabile rigetto della domanda, ha
comunicato al cliente solo il dispositivo della condanna ma non l'avvenuta
notifica della sentenza,con la conseguenza che era scaduto anche il termine per
proporre impugnazione
SPESE LEGALI . COMPENSAZIONE
Corte di Cassazione Civile sez. II 8/4/2011 n. 8114
Spese di lite - mancato esercizio della facoltà di difendersi personalmente
Spese di lite - mancato esercizio della facoltà di difendersi personalmente
(omissis)
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
C. M. G., rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. M. V., elettivamente domiciliata nello studio di quest’ultimo in Roma, via D., n. 21.
contro
COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, in virtù di procura a margine del ricorso, dall’AVv. G. P., elettivamente domiciliato presso gli Uffici dell’Avvocatura comunale, via del T. di G., n. 21;
contro ricorrente
per la Cassazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 6218 in data 17 marzo 2009.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 febbraio 2011 dal Consigliere relatore Dott. A. G.;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. R. F. G., che ha concluso: “nulla osserva”.
Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 7 dicembre 2010, la seguente proposto a di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: “Dinanzi al Giudice di pace di Roma è stato impugnato, da parte di M. G. C., il verbale di accertamento di violazione del codice della strada n. … notificato in data 9 marzo 2006.
Nella resistenza del Comune di Roma, il Giudice di pace, con sentenza n. 25799 del 2007, ha accolto la domanda, annullato il verbale opposto e compensato tra le parti le spese di lite.
Il capo relativo alle spese è stato fatto oggetto di gravame da parte della C.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 6218 in data 17 marzo 2009, ha rigetta l’appello e compensato tra le parti le spese del grado.
Il Tribunale ha rilevato che i giustificati motivi per la compensazione da parte del giudice di primo grado – non esplicitati nella pronuncia del primo giudice – andavano individuati: nel fatto che il ricorso era stato accolto soltanto per un vizio formale di formazione del procedimento sanzionatorio; nel modesto valore della vertenza; nella facoltà della parte di stare in giudizio personalmente.
Per la Cassazione di tale sentenza la C. ha proposto ricorso, sulla base di tre motivi.
L’intimato Comune ha resistito con controricorso.
Paiono preliminarmente da respingere le eccezioni di inammissibilità sollevate dal Comune contro ricorrente.
Invero, non sussiste genericità della procura, essendo questa stata predisposta e sottoscritta a margine del ricorso e contenendo un espresso riferimento al giudizio di cassazione.
Il ricorso contiene poi l’esposizione sommaria dei fatti di causa e fornisce gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia.
Il secondo motivo di ricorso (violazione o falsa applicazione degli artt. 91, 92, 118, secondo comma, disp. Att. Cod. proc. civ., 132, n. 4, cod .proc. civ., 24 e 111 cost., in relazione all’art. 360, n. 3, cod .proc. civ.) – il cui esame in ordine logico appare preliminare – è corredato dal prescritto quesito di diritto, ed è quindi scrutinabile nel merito.
Tale motivo appare manifestamente fondato.
I giusti motivi di compensazione individuati dal Tribunale sono illogici e privi di consistenza e sono affidati ad una motivazione apparente.
Il verbale di contestazione per violazione del codice della strada, infatti, può essere illegittimo tanto epr vizi formali quanto per vizi sostanziali, e la prima categoria non è più lieve della seconda, non potendosi sostenere che nell’ordinamento vi sia un favor per gli errori meramente procedurali della pubblica amministrazione.
Là dove – come nella specie – venga in considerazione la legittimità del procedimento sanzionatorio, il modesto valore della controversia non è di per sé giustificativo della compensazione, determinando questo la scelta dello scaglione di valore della controversia su cui parametrare la condanna alle spese.
Infine, non può essere imputato a colpa della parte che ha adito il giudice proponendo l’opposizione a verbale il mancato esercizio della facoltà di difendersi personalmente, giacché il cittadino, con l’adire il giudice e con il farsi assistere innanzi ad esso da un professionista, esercita dei diritti espressamente attribuitigli dall’ordinamento e garantiti dalla Carta costituzionale. (Cass., Sez. II, 19 novembre 2007, n. 23993).
Resta assorbito l’esame degli altri motivi.
Sussistono le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio.”
Letta la memoria della parte ricorrente.
Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici;
che, pertanto, il ricorso deve essere accolto;
che, cassata la sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata al Tribunale di Roma, che la deciderà in persona di diverso magistrato;
che il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Roma, in persona di diversa magistrato.
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
C. M. G., rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. M. V., elettivamente domiciliata nello studio di quest’ultimo in Roma, via D., n. 21.
contro
COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, in virtù di procura a margine del ricorso, dall’AVv. G. P., elettivamente domiciliato presso gli Uffici dell’Avvocatura comunale, via del T. di G., n. 21;
contro ricorrente
per la Cassazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 6218 in data 17 marzo 2009.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 febbraio 2011 dal Consigliere relatore Dott. A. G.;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. R. F. G., che ha concluso: “nulla osserva”.
Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 7 dicembre 2010, la seguente proposto a di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: “Dinanzi al Giudice di pace di Roma è stato impugnato, da parte di M. G. C., il verbale di accertamento di violazione del codice della strada n. … notificato in data 9 marzo 2006.
Nella resistenza del Comune di Roma, il Giudice di pace, con sentenza n. 25799 del 2007, ha accolto la domanda, annullato il verbale opposto e compensato tra le parti le spese di lite.
Il capo relativo alle spese è stato fatto oggetto di gravame da parte della C.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 6218 in data 17 marzo 2009, ha rigetta l’appello e compensato tra le parti le spese del grado.
Il Tribunale ha rilevato che i giustificati motivi per la compensazione da parte del giudice di primo grado – non esplicitati nella pronuncia del primo giudice – andavano individuati: nel fatto che il ricorso era stato accolto soltanto per un vizio formale di formazione del procedimento sanzionatorio; nel modesto valore della vertenza; nella facoltà della parte di stare in giudizio personalmente.
Per la Cassazione di tale sentenza la C. ha proposto ricorso, sulla base di tre motivi.
L’intimato Comune ha resistito con controricorso.
Paiono preliminarmente da respingere le eccezioni di inammissibilità sollevate dal Comune contro ricorrente.
Invero, non sussiste genericità della procura, essendo questa stata predisposta e sottoscritta a margine del ricorso e contenendo un espresso riferimento al giudizio di cassazione.
Il ricorso contiene poi l’esposizione sommaria dei fatti di causa e fornisce gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia.
Il secondo motivo di ricorso (violazione o falsa applicazione degli artt. 91, 92, 118, secondo comma, disp. Att. Cod. proc. civ., 132, n. 4, cod .proc. civ., 24 e 111 cost., in relazione all’art. 360, n. 3, cod .proc. civ.) – il cui esame in ordine logico appare preliminare – è corredato dal prescritto quesito di diritto, ed è quindi scrutinabile nel merito.
Tale motivo appare manifestamente fondato.
I giusti motivi di compensazione individuati dal Tribunale sono illogici e privi di consistenza e sono affidati ad una motivazione apparente.
Il verbale di contestazione per violazione del codice della strada, infatti, può essere illegittimo tanto epr vizi formali quanto per vizi sostanziali, e la prima categoria non è più lieve della seconda, non potendosi sostenere che nell’ordinamento vi sia un favor per gli errori meramente procedurali della pubblica amministrazione.
Là dove – come nella specie – venga in considerazione la legittimità del procedimento sanzionatorio, il modesto valore della controversia non è di per sé giustificativo della compensazione, determinando questo la scelta dello scaglione di valore della controversia su cui parametrare la condanna alle spese.
Infine, non può essere imputato a colpa della parte che ha adito il giudice proponendo l’opposizione a verbale il mancato esercizio della facoltà di difendersi personalmente, giacché il cittadino, con l’adire il giudice e con il farsi assistere innanzi ad esso da un professionista, esercita dei diritti espressamente attribuitigli dall’ordinamento e garantiti dalla Carta costituzionale. (Cass., Sez. II, 19 novembre 2007, n. 23993).
Resta assorbito l’esame degli altri motivi.
Sussistono le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio.”
Letta la memoria della parte ricorrente.
Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici;
che, pertanto, il ricorso deve essere accolto;
che, cassata la sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata al Tribunale di Roma, che la deciderà in persona di diverso magistrato;
che il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Roma, in persona di diversa magistrato.
ASSOCIAZIONE - E' LEGITTIMATA A PARTECIPARE NELLE CONTRAPPOSIZIONI
T.A.R. EMILIA ROMAGNA, BOLOGNA SEZ. II, 21 GENNAIO 2011, N.
49
Ricorso giurisdizionale –
legittimazione attiva – legittimazione di associazione di protezione ambientale
– anche per contestare la violazione della normativa urbanistica locale –
sussiste –presupposti – conseguente interesse a proporre qualsiasi vizio procedimentale.
Un'associazione di protezione
ambientale nazionale è legittimata a contestare anche la violazione della
normativa urbanistica locale, laddove i vizi dedotti siano rivolti ad
evidenziare l'illegittimità dell'autorizzazione ambientale dell'emissione in
atmosfera di un impianto ovvero quando si tratti di normativa urbanistica che
prende in considerazione gli aspetti ambientali anche al fine di disciplinare
l'attività produttiva da insediare; una volta ammessa la legittimazione ad
impugnare un provvedimento, l'associazione ricorrente può dedurre qualunque
vizio procedimentale, sia o meno un soggetto avente titolo a partecipare alla
conferenza di servizi che avrebbe dovuto essere indetta, in quanto il diverso
procedimento ben avrebbe potuto portare ad una diversa decisione sostanziale in
merito.
SILENZIO RIFIUTO DELLA P.A. - RISARCIMENTO DEL DANNO
RISARCIMENTO DEI DANNI– RISARCIMENTO DEL DANNO PER RITARDO
– PRESUPPOSTI PER IL RICONOSCIMENTO – IMPUGNATIVA DEL SILENZIO RIFIUTO –
NECESSITA' –SUSSISTE.
Il cittadino si trova spesso innanzi
ad un'amministrazione silente, la quale pensa che la persona con la quale
interloquisce sia un soggetto privo di diritti e spesso immeritevole di
risposta, tanto da ignorarla, come, ahimè, sovente accade. A tal proposito, è
interessante leggere lo stralcio dell'ulteriore indirizzo giurisprudenziale
riguardante l' ipotesi di una eventuale richiesta di risarcimento in merito.
La norma codicistica di cui
alla'art. 2043 c.c. Subordina il risarcimento alla produzione di un danno
ingiusto casualmente generato da una condotta illecita, nel caso di specie da
individuarsi nell'asserito ritardo, imputabile all'Amministrazione a titolo di
dolo oi colpa T.A.R.Lazio, Roma. Sez. I,
22 settembre, 2010, n. 32382.
Il diritto al risarcimento del danno derivante dal ritardo con il
qualel'amministrazione ha provveduto spetta solo ove i soggetti interessati
abbiano reagito all'inerzia impugnando il silenzio rifiuto; solo in caso di
persistente inerzia a seguito di questa procedura può iunfatti configurarsi la
lesione al bene della vita,risarcibile, alla stregua dei canoni di correttezza
e buona fede, nello svolgimento del rapporto qualificato e differenziato
tra soggetto pubblico e privato T.A.R.Lombardia, Milano, sez. I, 12 gennaio 2011, n. 35.
CONCORSI PUBBLICI - INCOMPATIBILITA' DEI COMMISSARI
. T.a.r.Lazio,
Roma, sez. 1-bis, 14 gennaio 2011, n. 286
CONCORSI – LEGAMI FRA COMMISSARIE CANDIDATI – INCOMPATIBILITA'
La circostanza che un componente di
una commissione di un ricorso pubblico abbia collaborato per diversi anni nella
stessa struttura in cui operava un candidato non consente, di per sé, di
configurare automaticamente una situazione di incompatibilità tale da generare
nel primo un dovere di astensione, occorrendo , a tal fine, che sia
inconfutabile e accertata l'esistenza di rapporti personali diversi e più saldi
diquesti che normalmente sussistono fra soggetti che lavorano presso lo stesso
ufficio.
RIMBORSO DELLE SPESE LEGALI A PUBBLICO DIPENDENTE ASSOLTO
Consiglio di Stato sez. VI 21/3/2011 n. 1713
Rimborso delle spese legali
Rimborso delle spese legali
1. Pubblico impiego – Spese legali sopportate dal
dipendente pubblico assolto da un giudizio di responsabilità occorsogli per
ragioni di servizio – Rimborso – Presupposti – Individuazione
2. Pubblico impiego – Spese legali sostenute da un dipendente statale nell’ambito di un giudizio penale per fatti connessi all’espletamento del servizio conclusosi con sentenza assolutoria ai sensi dell’art. 530 c.p.p. – Istanza di rimborso – Diniego – Illegittimità – Fattispecie
2. Pubblico impiego – Spese legali sostenute da un dipendente statale nell’ambito di un giudizio penale per fatti connessi all’espletamento del servizio conclusosi con sentenza assolutoria ai sensi dell’art. 530 c.p.p. – Istanza di rimborso – Diniego – Illegittimità – Fattispecie
1. La rimborsabilità delle spese legali sopportate dal dipendente pubblico
assolto da un giudizio di responsabilità occorsogli per ragioni di servizio è
espressione della regola civilistica generale di cui all'art. 1720, comma 2,
c.c. in tema di rapporti tra mandante e mandatario, secondo la quale il
mandatario ha diritto ad esigere dal mandante il risarcimento dei danni subiti
a causa dell'incarico ed integra una posizione di diritto soggettivo, che resta
condizionata al concorso di puntuali condizioni, normativamente previste,
inerenti: all'esistenza di una connessione dei fatti e degli atti oggetto del
giudizio con l'espletamento del servizio e l'assolvimento degli obblighi
istituzionali; all'esistenza di una sentenza definitiva che abbia escluso la
responsabilità del dipendente; ad una valutazione di congruità della misura
indennitaria da effettuarsi da parte dell'Avvocatura dello Stato.
2. È illegittimo il
rigetto della domanda intesa ad ottenere, ai sensi dell’art. 18 della legge
23.5.1997, n. 135, il rimborso delle spese legali sostenute da un dipendente
statale nell’ambito del giudizio promosso nei suoi confronti con imputazione
per i reati di cui agli artt. 82, 314 e 323 c.p., connessi all’espletamento del
servizio, conclusosi con sentenza assolutoria ai sensi dell’art. 530 c.p.p.
“perché il fatto non sussiste”, nel caso in cui il provvedimento di diniego
impugnato dia rilievo alla parte motiva della sentenza, che non consente di
ritenere esclusa la responsabilità dell’imputato, perché non ha fornito prova
della propria innocenza, ma ha beneficiato del ragionevole dubbio, in presenza
dell’insufficienza della prova, che dà ingresso all’assoluzione secondo il
canone processuale penalistico del favor
rei. In presenza di una sentenza che, come nel caso di specie, nega la
responsabilità agli effetti penali dell’ imputato, sussiste il diritto alla
misura indennitaria, in concorso con gli ulteriori elementi dall’art. 18 della
legge n. 137 del 1997, trattandosi di disposizione che non discrimina fra le
diverse ipotesi di formule assolutorie prefigurate dall’art. 530 c.p.p. e non
assegna all’amministrazione un’area di discrezionalità che le consenta di
sovrapporsi e sostituirsi a quella effettuata dal giudice a quo
CONCORSI PUBBLICI - COMMISSIONE
Consiglio di Stato sez. V 4/3/2011 n. 1408; Pres. Quadri,
F., Est. Gaviano, N.
1. Concorso - Commissione giudicatrice - Nomina - Impugnazione
2. Concorso - Commissione giudicatrice - Nomina - Competenza - Dei dirigenti
1. Concorso - Commissione giudicatrice - Nomina - Impugnazione
2. Concorso - Commissione giudicatrice - Nomina - Competenza - Dei dirigenti
1.
La nomina della commissione giudicatrice può essere impugnata dal candidato
solo nel momento in cui, con l'approvazione delle operazioni concorsuali e la
nomina del vincitore, si esaurisce il relativo procedimento amministrativo e
diviene compiutamente riscontrabile la lesione della sfera giuridica altrui.
2.
L’art. 51, commi 2 e 3, della legge n. 142 del 1990, nel testo riformato dalla
legge n. 127 del 1997, secondo il quale ai dirigenti spettano tutti i compiti
che la legge e lo statuto dell'ente locale non riservino espressamente agli
organi di governo dell'ente, costituisce disposizione immediatamente applicabile
senza bisogno dell'interposizione di apposite fonti secondarie, cui spetta solo
la determinazione delle modalità d'esercizio della competenza, comunque
indefettibile e tale da non tollerare impedimenti o soluzioni di continuità.
Perciò è illegittimo il provvedimento di nomina di una commissione di concorso
effettuata dalla Giunta provinciale e non già dal competente dirigente, a nulla
rilevando le specifiche norme regolamentari della Provincia.
IL CONDOMINO PUO' CRITICARE L'OPERATO DELL'AMMINISTRATORE
una condomina aveva affisso
alla bacheca condominiale un volantino che aveva il seguente contenuto:
“abbiamo la facciata del palazzo che sta cadendo a pezzi; gli intonaci del
balcone ci cadono dentro mettendo a rischio noi adulti e i bambini di alcuni di
voi; le scale sono sporche, i muri sono neri, per la pulizia del giardino
dobbiamo provvedere noi stessi a chiamare qualcuno per farlo; paghiamo davvero
tanto di condominio; ma noi non abbiamo un capocondominio che dovrebbe
occuparsi di tutto cio’?; per chi non se lo ricordasse il suo nome e’ (…); se
non vi ricordate il suo nome, non siete voi che avete problemi di memoria, e’
lui che e’ latitante; pero’ i soldi nostri se li prende e come…. per quello non
e’ latitante, vogliamo continuare cosi' a farci prendere in giro, o cerchiamo
una persona seria e competente?? personalmente voglio mandarlo via; e mi sto
informando su altri capocondomini; pero’ ci vuole la maggioranza di voi per
mandarlo via; quindi se la pensate come me informatevi anche voi su capocondomini
di vostra conoscenza che siano persone serie e competenti”.
L'asmministratore propone querela per
diffazione, giungendo fino alla sentenza della S.C. , che però così ha
sentenziato:
il diritto di critica si differenzia da
quello di cronaca essenzialmente in quanto il primo non si concretizza, come
l’altro, nella narrazione di fatti, bensi’ nell’espressione di un giudizio o,
piu’ genericamente, di un’opinione che, come tale, non puo’ pretendersi
rigorosamente obiettiva, posto che la critica, per sua natura, non puo’ che
essere fondata su un’interpretazione, necessariamente soggettiva, di fatti e di
comportamenti. La scriminante in questione presuppone dunque, a differenza di
quella del diritto di cronaca, un contenuto di veridicita’ piu’ limitato; conformemente
al diritto di cronaca, anche il diritto di critica trova l’ulteriore limite
segnato dal rispetto dei criteri della rilevanza sociale della notizia e della
correttezza delle espressioni usate (ved. tra altre Cass., 24 maggio 2002, P.G.
in proc. Trevisan, CED Cass. n. 2219904). In aderenza a tali principi il
giudice di merito ha sottolineato che, nel caso in esame, l’imputata aveva
rivolto delle critiche all’operato dell’amministratore dello stabile, per le
gravi carenze di manutenzione che l’immobile presentava, invitando gli altri
condomini – attraverso l’affissione del volantino – ad attivare i loro poteri
di controllo sull’amministratore. Con tale condotta l’imputata non solo ha
esercitato il proprio diritto di libera manifestazione del proprio pensiero, ma
ha anche esercitato lo specifico diritto, quale condomino dello stabile
amministrato da (…) , di controllare comportamenti dell’amministratore e di
denunciarne eventuali riscontrate irregolarita’ "(Cass.
31 gennaio 2011 n. 3372).
AVVOCATI . MINIMI TARIFFARI
"La conformità al
principio comunitario della libera concorrenza di quelle norme del diritto
interno in virtù delle quali è imposta la inderogabilità dei minimi di tariffa
forense, costituisce orientamento confermato dalla più recente sentenza della
Corte di giustizia"
"E' appena il caso di osservare che il D.L. n.
223 del 2006, art. 2, comma 1, convertito in L. n. 248 del 2006, ha abrogato le
disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano la fissazione di
tariffe obbligatorie fisse o minime per le attività professionali e
intellettuali "dalla data di entrata in vigore" della legge stessa;
ne consegue che quelle disposizioni conservano piena efficacia in relazione a
fatti - come quelli in oggetto - verificatisi prima. (Cass. n. 9878/2008)"
INFEDELE PATROCINIO
Cassazione VI penale
n. 42913 del 2.12.2010
" il delitto di cui all’art. 380/1 c.p.
(patrocinio infedele) è un reato che richiede per il suo perfezionamento, in
primo luogo, una condotta del patrocinatore irrispettosa dei doveri
professionali, stabiliti per fini di giustizia a tutela della parte assistita
ed, in secondo luogo, un evento che implichi un nocumento agli interessi di
quest’ultimo, inteso non necessariamente in senso civilistico di danno
patrimoniale, ma anche nel senso di mancato conseguimento dei beni giuridici o
dei benefici di ordine anche solo morale, che alla stessa parte sarebbero
potuti derivare dal corretto e leale esercizio del patrocinio legale "
NOTIFICHE ALTERNATIVE AL DEPOSITO IN CANCELLERIA
Corte Costituzionale
22/12/2010 n. 365
È costituzionalmente illegittimo l'art. 22, quarto e quinto comma, della legge 11 novembre 1981, n. 689 nella parte in cui non prevede, a richiesta dell'opponente che abbia dichiarato la residenza o eletto domicilio in un comune diverso da quello dove ha sede il giudice adito, modi di notificazione alternativi al deposito presso la cancelleria
È costituzionalmente illegittimo l'art. 22, quarto e quinto comma, della legge 11 novembre 1981, n. 689 nella parte in cui non prevede, a richiesta dell'opponente che abbia dichiarato la residenza o eletto domicilio in un comune diverso da quello dove ha sede il giudice adito, modi di notificazione alternativi al deposito presso la cancelleria
CONCORSI E P.E.C.
CIRCOLARE MINISTERO PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E
INNOVAZIONE, 3
settembre 2010, n. 12.
Procedure concorsuali ed
informatizzazione. Modalità di presentazione della domanda di ammissione ai
concorsi pubblici indetti dalle amministrazioni.
Il Ministero fornisce alcuni
chiarimenti sull'uso della posta elettronica certificata nella presentazioni di
domande di ammissione ai concorsi pubblici indetti dalle amministrazioni.
L'esplicazione dei chiarimenti interpretativi viene così sintetizzata:
ai sensi dell'art 4 del D.P.R. 11
febbraio 2005, n. 68, l'utilizzo della p.e.c. è valido a tutti gli effetti di
legge e non può essere contrastato dall'art. 4 d.P.R. 487/94 che dispone le
modalità della presentazione della domanda di concorso ( Racc. A.R.). La ricezione
della e.mail , ai sensi dell'art. 16 bis Co.5 della legge 2/2009 vale come avvenuta notifica.
Nel rispetto di quanto previsto
dall'art. 4 del d.P.R, 487/1994 l'inoltro tramite posta certificata, di cui
all'art. 16-bis del d.l. 185/2008, è già sufficiente a rendere valida l'istanza
, a considerare identificato l'autore di essa e a ritenere la stessa regolarmente
sottoscritta.
La prova della data di
spedizione viene comprovata poiché ogni amministrazione
pubblica , ai sensi dell'art. 16.bis Co.6 L. 2/2009, utilizza la
p.e.c. con tecnologie che certifichino data e ora dell'invio e della ricezione
della comunicazione e l'integrità del contenuto delle stesse, anche al fine di
avere la garanzia della coerenza tra quanto inviato dal mittente e quanto ricevuto
dal destinatario.
RICORSI TEMERARI
Rischia di costare cara la presentazione di un ricorso
palesemente inammissibile in Cassazione. Con la sentenza 4829 del 27 febbraio
la stessa Corte ha infatti condannato una parte a pagare all'altra 5 mila euro
per avere agito in giudizio con colpa grave. Si tratta di una delle prime
applicazioni di una disposizione introdotta nel nostro Codice di procedura
civile nel 2006, con un decreto che rimise a fuoco anche gli elementi stessi
del ricorso (obbligatoria, tra l'altro, l'indicazione delle norme su cui si
basano i motivi che hanno indotto all'impugnazione) e che era chiaramente
intenzionata a fare esordire una forma di sanzione per la parte che avesse
adottato condotte processuali temerarie o chiaramente dilatorie. Il nuovo
articolo 385 del Codice stabilisce così che, quando si pronuncia sulle spese,
la Corte, anche procedendo d'ufficio, può condannare la parte che ha perso a
versare alla vincente una somma da determinare in via equitativa, ma comunque
all'interno di parametri tariffari, «se ritiene che essa ha proposto il ricorso
o vi ha resistito anche solo con colpa grave».
POSTE ITALIANE - DIPENDENTE - INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO - INCORRE NEL REATO DI ABUSO D'UFFICIO
La Corte di Cassazione,
Sez. VI, con sentenza n. 37775 del 7 ottobre 2010, ha affermato che il dipendente di Poste Italiane s.p.a. addetto ad una
struttura di accettazione della corrispondenza deve ritenersi incaricato di pubblico servizio,
con la conseguenza che lo stesso commette il reato di abuso di atti d'ufficio
qualora invii indebitamente alla rete pubblica di distribuzione, in violazione
di quanto disposto dal d. lgs. 22 luglio 1999, n. 261, corrispondenza priva
della richiesta affrancatura.
DIRITTO DI RECESSO - SPESE DI CONSEGNA
Corte di Giustizia Europea causa C 511/08 sentenza del
2010-04-15
L'art. 6, nn. 1, primo comma, seconda frase, e 2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che consente al fornitore, nell'ambito di un contratto concluso a distanza, di addebitare le spese di consegna dei beni al consumatore qualora questi eserciti il suo diritto di recesso."
L'art. 6, nn. 1, primo comma, seconda frase, e 2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che consente al fornitore, nell'ambito di un contratto concluso a distanza, di addebitare le spese di consegna dei beni al consumatore qualora questi eserciti il suo diritto di recesso."
CARTELLA ESATTORIALE - FERMO AMMINISTRATIVO - PRESCRIZIONE
Giudice
di Pace di Afragola del 16.7.2010
Si aggiunga che le violazioni sono risalenti agli anni 1989-91 sicchè seppure le cartelle esattoriali fossero state notificate ma come detto,alcuna prova è stata fornita in proposito ,alla date delle rispettive notifiche (18.12.96 e 25.1.97) ed a quella di invio del preavviso di fermo,si era già estinto per prescrizione quinquennale il diritto a riscuotere le somme dovute"
Si aggiunga che le violazioni sono risalenti agli anni 1989-91 sicchè seppure le cartelle esattoriali fossero state notificate ma come detto,alcuna prova è stata fornita in proposito ,alla date delle rispettive notifiche (18.12.96 e 25.1.97) ed a quella di invio del preavviso di fermo,si era già estinto per prescrizione quinquennale il diritto a riscuotere le somme dovute"
"si palesa dunque temeraria ed
illegittima la iscrizione del fermo amministrativo sul veicolo attoreo"
PRIVACY E DATI SUPER SENSIBILI NEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
Dati supersensibili e procedimento disciplinare nella p.a.:
sì alla tutela rafforzata
Cassazione, sez. I civile, sentenza 08.07.2005 n° 14390
I dati personali appartenenti alla species dei supersensibili, riguardanti la sfera sessuale, particolari dati sulla propria salute, etcc.., deinvestendo la parte più intima della persona nella sua corporeità e in considerazione dei valori costituzionali posti a loro presidio (artt. 2 e 3 Cost.), ricevono una tutela rafforzata che si esplicita nelle garanzie poste anche riguardo al trattamento operato dai "soggetti pubblici".
Lo ha precisato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14390 dell'8 luglio 2005, accogliendo il ricorso presentato da un ispettore di polizia, il quale era stato sottoposto a procedimento disciplinare sulla base di alcune notizie apprese occasionalmente dai colleghi di lavoro fuori dall'orario di servizio dalle quali era risultato che tale soggetto aveva diffuso immagini a sfondo sessuale su alcuni siti,
Cassazione, sez. I civile, sentenza 08.07.2005 n° 14390
I dati personali appartenenti alla species dei supersensibili, riguardanti la sfera sessuale, particolari dati sulla propria salute, etcc.., deinvestendo la parte più intima della persona nella sua corporeità e in considerazione dei valori costituzionali posti a loro presidio (artt. 2 e 3 Cost.), ricevono una tutela rafforzata che si esplicita nelle garanzie poste anche riguardo al trattamento operato dai "soggetti pubblici".
Lo ha precisato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14390 dell'8 luglio 2005, accogliendo il ricorso presentato da un ispettore di polizia, il quale era stato sottoposto a procedimento disciplinare sulla base di alcune notizie apprese occasionalmente dai colleghi di lavoro fuori dall'orario di servizio dalle quali era risultato che tale soggetto aveva diffuso immagini a sfondo sessuale su alcuni siti,
AGENZIA DELLE ENTRATE CONDANNATA PER AVER OMESSO L'ACCESSO AGLI ATTI
Le modifiche apportate all'art. 24 della L. 241/90 nel
2005, hanno sollevato delle riflessioni sulla restrizione dell'accesso agli
atti da parte del contribuente nel procedimento tributario, salvo il sibillino
ed unico caso di deroga. L'Amministrazione Finanziaria ha sempre osteggiato con
prassi ricorrente, l'accesso a tali tipi di documenti, sebbene , in tempi più
recenti, l'Agenzia delle entrate ha reso possibile l'accesso agli atti
procedimentali solo a procedimento concluso.
A suggello
di tali interpretazioni, è intervenuto anche il Consiglio di Stato (nr. 5144
del 21.10.08) che ha di fatto consentito in modo pieno e totale il diritto di
accesso anche per gli atti del procedimento tributario sostenendo, in modo più
che condivisibile,che nessuna ragion fiscale che tenga potrebbe
escludere un siffatto diritto contenuto anche nelle norme Statutarie che, solo
per memoria, ricordiamo rappresentano principi generali del diritto.
PERCHE' LA CORTE DEI CONTI NON FA PAGARE LE SPESE AI FUNZIONARI RESPONSABILI?
Tribunale Amministrativo Regionale Lombardia Milano sez.I 6/10/2010 n. 6880
Diritto di accesso agli atti amministrativi
(omissis)
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1880 del 2010, proposto da:
Domenico Mario Dolce, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giovanni Monti, Fortunato Taglioretti e Mario Viviani, con domicilio eletto presso il primo, in Milano, Galleria S. Babila, n. 4/A;
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1880 del 2010, proposto da:
Domenico Mario Dolce, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giovanni Monti, Fortunato Taglioretti e Mario Viviani, con domicilio eletto presso il primo, in Milano, Galleria S. Babila, n. 4/A;
contro
Agenzia delle Entrate Ufficio Milano 1, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distr.le di Milano, presso la quale è domiciliata ex lege, in Milano, via Freguglia, 1;
Agenzia delle Entrate Ufficio Milano 1, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distr.le di Milano, presso la quale è domiciliata ex lege, in Milano, via Freguglia, 1;
per
l'annullamento
della nota prot. 2010/88838 del 21.7.2010 con la quale il direttore dell'Agenzia delle Entrate - Ufficiodi Milano 1 ha respinto l'istanza formulata dal ricorrente di accesso agli atti del procedimento tributario afferente l'avviso di accertamento ai fini IRPEF per l'anno 2004;
della nota prot. 2010/88838 del 21.7.2010 con la quale il direttore dell'Agenzia delle Entrate - Ufficiodi Milano 1 ha respinto l'istanza formulata dal ricorrente di accesso agli atti del procedimento tributario afferente l'avviso di accertamento ai fini IRPEF per l'anno 2004;
Visti
il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate Ufficio Milano 1;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Udito il dott. Marco Poppi, Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2010, e uditi per le parti i difensori presenti come da verbale;
Premesso che:
- con istanza del 14.06.10, il ricorrente, destinatario di avviso di accertamento ai fini IRPEF, chiedeva all’Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale per la Lombardia, l’accesso “mediante estrazione di copia semplice, agli atti del procedimento tributario” afferenti il suddetto avviso;
- con nota del 12.07.10, l’Agenzia, consentiva la visione di n. 6 atti ritenuti “strumentali” all’adozione del provvedimento, ulteriori rispetto a quelli allegati al verbale di accertamento (già nella disponibilità della parte);
- in data 13.07.10, all’esito della visione, parte ricorrente chiedeva l’estrazione di copia di due documenti compresi nell’elenco di cui al precedente alinea e di due ulteriori atti (“stampa memorandum accertamento” e “dati generali attività istruttoria esterna”) in relazione ai quali, ancorché non indicati in elenco, veniva concessa la visione;
- nella medesima sede chiedeva di poter accedere, eventualmente estraendo copia, alla ulteriore documentazione eventualmente esistente considerata inerente l’accertamento compreso il carteggio interno dell’Agenzia;
- l’Amministrazione negava l’estrazione di copia relativamente agli atti denominati “stampa memorandum accertamento” e “dati generali attività istruttoria esterna”, qualificati dalla stessa come “stampa restituita da sistema che attesta l’inserimento nei dati dell’accertamento”, rispettivamente, della “data di notifica” e dei “dati di verifica”, in quanto ritenuti “mera documentazione non avente forma di documento amministrativo, e non riportante, e comunque non rappresentativa, del contenuto di atti che identificano statuizioni, accertamenti, intendimenti, parerei, volizioni, valutazioni o determinazioni a queste assimilabili”;
- nell’occasione veniva, altresì, negato l’accesso alla ulteriore documentazione, ritenuta “non strumentale” all’adozione del provvedimento finale ed al “carteggio interno” sul presupposto che ciò concretasse l’esercizio di un non consentito “potere esplorativo nei confronti, genericamente, di atti del tutto eventuali, di cui non si conosce nemmeno l’esistenza”;
Preso atto che con ricorso ex art. 25 della L. n. 241/1990, parte ricorrente, impugna gli atti in epigrafe specificati eccependo:
- con riferimento ai documenti “stampa memorandum accertamento” e “dati generali attività istruttoria esterna”, la contraddittorietà dell’operato dell’Amministrazione che in relazione ai medesimi consentiva l’accesso, ancorché, con la sola visione;
- quanto all’eventuale ulteriore documentazione, compreso il carteggio interno, il travisamento in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione atteso che l’istanza presentata doveva intendersi come riferita unicamente a documenti in possesso dell’Agenzia, ancorché non conosciuti;
Considerato che:
- l’ampia definizione di documento amministrativo contenuta nell’art. 22, comma 1, lett. d), ("ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”) non consente di limitare l’accesso ai soli atti rappresentativi “del contenuto di atti che identificano statuizioni, accertamenti, intendimenti, parerei, volizioni, valutazioni o determinazioni a queste assimilabili” ma lo ammette relativamente a qualunque espressione di attività amministrativa anche a rilevanza meramente interna a condizione che afferisca ad uno specifico procedimento;
- in relazione ai documenti “stampa memorandum accertamento” e “dati generali attività istruttoria esterna” l’inerenza al procedimento è confermata dalla stessa Amministrazione che ne riconosce una funzione di attestazione circa operazioni riferite ad elementi dell’accertamento (“inserimenti data di notifica” e “dati di verifica”);
- ulteriore conferma della non estraneità al procedimento dei due atti da ultimo citati è desumibile dalla circostanza che l’Amministrazione ne consentiva l’accesso, ancorché mediante la sola visione, rendendo il successivo diniego all’estrazione di copia, oltre che contraddittorio, in contrasto con il dettato dell’art. 22, comma 1, lett. a) che specifica il diritto di accesso nel “diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi”;
- la richiesta di ostensione riferita ad ulteriore documentazione, benché non specificata, non può essere intesa quale esercizio di un potere esplorativo stante la limitazione specificata dal ricorrente alla sola “documentazione inerente l’accertamento” (verbale di accesso datato 13.07.10) ulteriore rispetto a quella “strumentale” già posta nella disponibilità del ricorrente;
- l’accesso a documenti anche meramente interni dell’Amministrazione è espressamente consentito dalla norma che li comprende nella già richiamata definizione di “documento”;
Valutato che:
- quanto richiesto dal ricorrente é riconducibile alla definizione di cui all’art. 22, comma 1, lett. d) della L. n. 241/1990;
- il ricorrente vanta un interesse all’accesso in quanto destinatario di provvedimento dell’Agenzia incidente nella propria sfera giuridica;
- quanto richiesto non rientra nelle specifiche esclusioni di cui all’art. 24 della L. n. 241/1990;
- l’istanza di accesso é motivata con la necessità di “difendere i propri interessi giuridici” ex art. 24, comma 7 della L. n. 241/1990;
Ritenuto che:
- il ricorso, per quanto precede, debba essere accolto;
- l’Agenzia delle Entrate sia tenuta a consentire l’accesso mediante estrazione di copia relativamente ai documenti denominati “stampa memorandum accertamento” e “dati generali attività istruttoria esterna”, nonché, agli ulteriori atti inerenti il procedimento, qualora esistenti, indipendentemente dalla loro qualificazione quali “strumentali” o meno;
- le spese debbano essere poste a carico della parte soccombente nella misura liquidata in dispositivo
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate Ufficio Milano 1;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Udito il dott. Marco Poppi, Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2010, e uditi per le parti i difensori presenti come da verbale;
Premesso che:
- con istanza del 14.06.10, il ricorrente, destinatario di avviso di accertamento ai fini IRPEF, chiedeva all’Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale per la Lombardia, l’accesso “mediante estrazione di copia semplice, agli atti del procedimento tributario” afferenti il suddetto avviso;
- con nota del 12.07.10, l’Agenzia, consentiva la visione di n. 6 atti ritenuti “strumentali” all’adozione del provvedimento, ulteriori rispetto a quelli allegati al verbale di accertamento (già nella disponibilità della parte);
- in data 13.07.10, all’esito della visione, parte ricorrente chiedeva l’estrazione di copia di due documenti compresi nell’elenco di cui al precedente alinea e di due ulteriori atti (“stampa memorandum accertamento” e “dati generali attività istruttoria esterna”) in relazione ai quali, ancorché non indicati in elenco, veniva concessa la visione;
- nella medesima sede chiedeva di poter accedere, eventualmente estraendo copia, alla ulteriore documentazione eventualmente esistente considerata inerente l’accertamento compreso il carteggio interno dell’Agenzia;
- l’Amministrazione negava l’estrazione di copia relativamente agli atti denominati “stampa memorandum accertamento” e “dati generali attività istruttoria esterna”, qualificati dalla stessa come “stampa restituita da sistema che attesta l’inserimento nei dati dell’accertamento”, rispettivamente, della “data di notifica” e dei “dati di verifica”, in quanto ritenuti “mera documentazione non avente forma di documento amministrativo, e non riportante, e comunque non rappresentativa, del contenuto di atti che identificano statuizioni, accertamenti, intendimenti, parerei, volizioni, valutazioni o determinazioni a queste assimilabili”;
- nell’occasione veniva, altresì, negato l’accesso alla ulteriore documentazione, ritenuta “non strumentale” all’adozione del provvedimento finale ed al “carteggio interno” sul presupposto che ciò concretasse l’esercizio di un non consentito “potere esplorativo nei confronti, genericamente, di atti del tutto eventuali, di cui non si conosce nemmeno l’esistenza”;
Preso atto che con ricorso ex art. 25 della L. n. 241/1990, parte ricorrente, impugna gli atti in epigrafe specificati eccependo:
- con riferimento ai documenti “stampa memorandum accertamento” e “dati generali attività istruttoria esterna”, la contraddittorietà dell’operato dell’Amministrazione che in relazione ai medesimi consentiva l’accesso, ancorché, con la sola visione;
- quanto all’eventuale ulteriore documentazione, compreso il carteggio interno, il travisamento in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione atteso che l’istanza presentata doveva intendersi come riferita unicamente a documenti in possesso dell’Agenzia, ancorché non conosciuti;
Considerato che:
- l’ampia definizione di documento amministrativo contenuta nell’art. 22, comma 1, lett. d), ("ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”) non consente di limitare l’accesso ai soli atti rappresentativi “del contenuto di atti che identificano statuizioni, accertamenti, intendimenti, parerei, volizioni, valutazioni o determinazioni a queste assimilabili” ma lo ammette relativamente a qualunque espressione di attività amministrativa anche a rilevanza meramente interna a condizione che afferisca ad uno specifico procedimento;
- in relazione ai documenti “stampa memorandum accertamento” e “dati generali attività istruttoria esterna” l’inerenza al procedimento è confermata dalla stessa Amministrazione che ne riconosce una funzione di attestazione circa operazioni riferite ad elementi dell’accertamento (“inserimenti data di notifica” e “dati di verifica”);
- ulteriore conferma della non estraneità al procedimento dei due atti da ultimo citati è desumibile dalla circostanza che l’Amministrazione ne consentiva l’accesso, ancorché mediante la sola visione, rendendo il successivo diniego all’estrazione di copia, oltre che contraddittorio, in contrasto con il dettato dell’art. 22, comma 1, lett. a) che specifica il diritto di accesso nel “diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi”;
- la richiesta di ostensione riferita ad ulteriore documentazione, benché non specificata, non può essere intesa quale esercizio di un potere esplorativo stante la limitazione specificata dal ricorrente alla sola “documentazione inerente l’accertamento” (verbale di accesso datato 13.07.10) ulteriore rispetto a quella “strumentale” già posta nella disponibilità del ricorrente;
- l’accesso a documenti anche meramente interni dell’Amministrazione è espressamente consentito dalla norma che li comprende nella già richiamata definizione di “documento”;
Valutato che:
- quanto richiesto dal ricorrente é riconducibile alla definizione di cui all’art. 22, comma 1, lett. d) della L. n. 241/1990;
- il ricorrente vanta un interesse all’accesso in quanto destinatario di provvedimento dell’Agenzia incidente nella propria sfera giuridica;
- quanto richiesto non rientra nelle specifiche esclusioni di cui all’art. 24 della L. n. 241/1990;
- l’istanza di accesso é motivata con la necessità di “difendere i propri interessi giuridici” ex art. 24, comma 7 della L. n. 241/1990;
Ritenuto che:
- il ricorso, per quanto precede, debba essere accolto;
- l’Agenzia delle Entrate sia tenuta a consentire l’accesso mediante estrazione di copia relativamente ai documenti denominati “stampa memorandum accertamento” e “dati generali attività istruttoria esterna”, nonché, agli ulteriori atti inerenti il procedimento, qualora esistenti, indipendentemente dalla loro qualificazione quali “strumentali” o meno;
- le spese debbano essere poste a carico della parte soccombente nella misura liquidata in dispositivo
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo accoglie.
Ordina all’Agenzia delle Entrate l’esibizione della documentazione di cui in motivazione.
Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi € 2.000,00 comprensivi del rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo accoglie.
Ordina all’Agenzia delle Entrate l’esibizione della documentazione di cui in motivazione.
Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi € 2.000,00 comprensivi del rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa
EQUA RIPARAZIONE - RAGIONEVOLE DURATA
In tema di ragionevole durata del processo secondo la legge
Pinto
(Consiglio di Stato, Sezione IV, Sentenza 27.5.2010 n. 3390)
(Consiglio di Stato, Sezione IV, Sentenza 27.5.2010 n. 3390)
FATTO
e DIRITTO
La
parte ricorrente con il decreto decisorio in epigrafe ha ottenuto il
riconoscimento, ex lege n. 89 del 2001, del diritto all’indennizzo per
l’eccessiva durata (nove anni), definito con sentenza della Corte di Appello
del 30 ottobre 2007 e la condanna del Ministero della Giustizia all’equa
riparazione del relativo danno non patrimoniale liquidato in euro 5.000,00
(euro cinquemila), oltre euro 600,00 (euro seicento/00) per spese del
procedimento, oltre IVA, CAP e spese generali.
Tale decreto, munito della formula esecutiva in data 8 settembre 2008 e successivamente divenuto cosa giudicata, è stato notificato al Ministero della Giustizia in data 11 settembre 2008, come comprovato dalla documentazione versata in atti.
La parte, essendo risultati infruttuosi due intimazioni notificate, mediante atti di precetto, in data 6 marzo 2009 e 3 novembre stesso anno, ha promosso, quindi, il ricorso per l’ottemperanza in esame, chiedendo la condanna dell’Amministrazione della Giustizia alla corresponsione della somma indicata nel predetto decreto decisorio.
La parte, ritualmente, ha fatto precedere il ricorso in esame da apposita diffida e messa in mora notificata all’Amministrazione, con la quale ha chiesto di ottemperare al giudicato di cui innanzi nel termine ulteriore concesso di trenta giorni.
Poiché l'Amministrazione non ha fatto seguire nel termine predetto di trenta giorni alcuna determinazione, il ricorrente, con atto depositato presso questo Giudice, ha proposto il ricorso in esame, chiedendo che all’Amministrazione soccombente venga ordinato di conformarsi al giudicato, prevedendo, inoltre, anche la nomina di un commissario "ad acta", in caso di ulteriore inottemperanza nel pagamento di quanto ancora dovuto.
A tale obbligo, nonostante il lungo tempo trascorso dall’atto di messa in mora, l'Amministrazione si è finora sottratta.
Risultando, altresì, osservate le formalità procedurali previste dagli artt. 90 e 91 del R.D. 17/8/1907 n. 642, circa la notificazione dell'atto di diffida all'Amministrazione, la costituzione in mora della stessa e la comunicazione del ricorso, questo va accolto e va conseguentemente dichiarato l'obbligo dell'Amministrazione di adottare i provvedimenti anzidetti, nel termine di giorni 60 (sessanta) dalla comunicazione in via amministrativa della presente pronuncia o dalla sua notificazione.
Per il caso di ulteriore inadempienza, viene nominato Commissario “ad acta" il Direttore Generale in carica quale Capo del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria, del personale e dei servizi del Ministero della Giustizia, ovvero funzionario Dirigente dallo stesso delegato con apposito provvedimento formale, perchè provveda, entro 30 giorni dalla scadenza della predetta data, a dare esecuzione al giudicato in questione a spese dell'Amministrazione.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza nella misura indicata in dispositivo.
Tale decreto, munito della formula esecutiva in data 8 settembre 2008 e successivamente divenuto cosa giudicata, è stato notificato al Ministero della Giustizia in data 11 settembre 2008, come comprovato dalla documentazione versata in atti.
La parte, essendo risultati infruttuosi due intimazioni notificate, mediante atti di precetto, in data 6 marzo 2009 e 3 novembre stesso anno, ha promosso, quindi, il ricorso per l’ottemperanza in esame, chiedendo la condanna dell’Amministrazione della Giustizia alla corresponsione della somma indicata nel predetto decreto decisorio.
La parte, ritualmente, ha fatto precedere il ricorso in esame da apposita diffida e messa in mora notificata all’Amministrazione, con la quale ha chiesto di ottemperare al giudicato di cui innanzi nel termine ulteriore concesso di trenta giorni.
Poiché l'Amministrazione non ha fatto seguire nel termine predetto di trenta giorni alcuna determinazione, il ricorrente, con atto depositato presso questo Giudice, ha proposto il ricorso in esame, chiedendo che all’Amministrazione soccombente venga ordinato di conformarsi al giudicato, prevedendo, inoltre, anche la nomina di un commissario "ad acta", in caso di ulteriore inottemperanza nel pagamento di quanto ancora dovuto.
A tale obbligo, nonostante il lungo tempo trascorso dall’atto di messa in mora, l'Amministrazione si è finora sottratta.
Risultando, altresì, osservate le formalità procedurali previste dagli artt. 90 e 91 del R.D. 17/8/1907 n. 642, circa la notificazione dell'atto di diffida all'Amministrazione, la costituzione in mora della stessa e la comunicazione del ricorso, questo va accolto e va conseguentemente dichiarato l'obbligo dell'Amministrazione di adottare i provvedimenti anzidetti, nel termine di giorni 60 (sessanta) dalla comunicazione in via amministrativa della presente pronuncia o dalla sua notificazione.
Per il caso di ulteriore inadempienza, viene nominato Commissario “ad acta" il Direttore Generale in carica quale Capo del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria, del personale e dei servizi del Ministero della Giustizia, ovvero funzionario Dirigente dallo stesso delegato con apposito provvedimento formale, perchè provveda, entro 30 giorni dalla scadenza della predetta data, a dare esecuzione al giudicato in questione a spese dell'Amministrazione.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso in
epigrafe, lo accoglie e dichiara, ai sensi dell'art. 37 della legge 6/12/1971,
n. 1034, in relazione all'art. 27 n. 4 del T.U. 26/6/1924 n. 1054, l'obbligo
del Ministero della Giustizia, di adottare le determinazioni amministrative
necessarie per il pagamento di quanto dovuto al ricorrente in forza del decreto
decisorio in epigrafe, oltre agli interessi fino al saldo, all'uopo assegnando
al predetto Ministero il termine di giorni 60 (sessanta) dalla comunicazione in
via amministrativa della presente pronuncia o dalla sua notificazione, se
anteriore.
Per il caso di ulteriore inadempienza, è nominato, Commissario "ad acta" il Direttore Generale in carica quale Capo del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria, del personale e dei servizi, ovvero un funzionario dirigente dal medesimo delegato con provvedimento formale, che provvederà entro trenta giorni dalla comunicazione della inadempienza del Ministero intimato ad opera dell'interessato, a dare esecuzione al giudicato,a spese dell'Amministrazione medesima.
Condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi euro 500,00 (euro cinquecento/00), oltre le competenze di legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Per il caso di ulteriore inadempienza, è nominato, Commissario "ad acta" il Direttore Generale in carica quale Capo del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria, del personale e dei servizi, ovvero un funzionario dirigente dal medesimo delegato con provvedimento formale, che provvederà entro trenta giorni dalla comunicazione della inadempienza del Ministero intimato ad opera dell'interessato, a dare esecuzione al giudicato,a spese dell'Amministrazione medesima.
Condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi euro 500,00 (euro cinquecento/00), oltre le competenze di legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
ACCESSO AD ATTI CONCORSUALI
Tribunale
Amministrativo Regionale Lazio Roma sez.II quater 3/9/2010 n. 32103
Accesso agli atti di procedure concorsuali
Accesso agli atti di procedure concorsuali
(omissis)
FATTO
La ricorrente, che aveva partecipato al concorso pubblico per esami e titoli a cinque posti di dirigente amministrativo, indetta con decreto direttoriale del 1 marzo 2007, pur essendosi brillantemente collocata in graduatoria, non era risultata vincitrice del predetto concorso.
Con istanza notificata il 3 febbraio 2010 la ricorrente, motivata con esplicito riferimento all’esigenza di tutelare le proprie posizioni soggettive, ha in conseguenza richiesto l’accesso ai titoli di studio ed ai documenti comprovanti i titoli di preferenza dai concorrenti classificarsi fino all’undicesimo posto nella graduatoria del concorso.
Il ricorso, debitamente notificato a tutti i controinteressati, è affidato alla denuncia della violazione dell’art. 97 Cost. e degli art. 22 e ss. della 7.8.1990, n. 241: la conoscenza degli atti del concorso richiesti sarebbe stata indispensabile per garantire la tutela della sua posizione giuridica, dovendosi peraltro escludere al riguardo ogni profilo di riservatezza.
L’Amministrazione si è solo formalmente costituita in giudizio.
Chiamata alla Camera di Consiglio la causa, su richiesta del patrocinatore della ricorrente, è stata trattenuta in decisione.
FATTO
La ricorrente, che aveva partecipato al concorso pubblico per esami e titoli a cinque posti di dirigente amministrativo, indetta con decreto direttoriale del 1 marzo 2007, pur essendosi brillantemente collocata in graduatoria, non era risultata vincitrice del predetto concorso.
Con istanza notificata il 3 febbraio 2010 la ricorrente, motivata con esplicito riferimento all’esigenza di tutelare le proprie posizioni soggettive, ha in conseguenza richiesto l’accesso ai titoli di studio ed ai documenti comprovanti i titoli di preferenza dai concorrenti classificarsi fino all’undicesimo posto nella graduatoria del concorso.
Il ricorso, debitamente notificato a tutti i controinteressati, è affidato alla denuncia della violazione dell’art. 97 Cost. e degli art. 22 e ss. della 7.8.1990, n. 241: la conoscenza degli atti del concorso richiesti sarebbe stata indispensabile per garantire la tutela della sua posizione giuridica, dovendosi peraltro escludere al riguardo ogni profilo di riservatezza.
L’Amministrazione si è solo formalmente costituita in giudizio.
Chiamata alla Camera di Consiglio la causa, su richiesta del patrocinatore della ricorrente, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Come è noto, in base ai principi generali in materia, l'accesso agli atti amministrativi è la regola, mentre il diniego è l’eccezione.
L’accesso può infatti essere escluso solo ed esclusivamente nei casi espressamente previsti dall’art. 24 L. n. 241/1990, tra i quali non rientra quella in parola.
Pertanto l’accesso ai documenti prodotti dai candidati (ma anche ai verbali, alle schede di valutazione ed agli elaborati) non può essere rifiutato dall’amministrazione dato che:
-- il diritto di accesso alla documentazione amministrativa prevale sul diritto alla riservatezza dei terzi (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 12 novembre 2009, n. 11094);
-- deve essere esclusa in radice, rispetto a tali documenti, l'esigenza di riservatezza a tutela dei terzi, sia perché i concorrenti, prendendo parte alla selezione, hanno evidentemente acconsentito a misurarsi in una competizione nella quale la comparazione dei valori costituisce l'essenza; e sia perché tali atti, una volta acquisiti alla procedura, escono dalla sfera personale dei partecipanti (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 09 febbraio 2010, n. 726);
-- non vi è alcuna necessità di attendere la conclusione della medesima, in quanto non v’è necessità che la lesione si faccia concreta e quindi con essa l'interesse all'impugnazione diventi attuale, in quanto il candidato è comunque titolare di un interesse autonomo alla conoscenza dei predetti atti specie laddove l'interessato abbia chiesto copia di atti, quali curriculum, titoli, ecc. in relazione ai quali non vi è alcuna contrapposta esigenza di riservatezza (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3147; T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 25 novembre 2009, n. 3460);
In conclusione il ricorso è fondato e deve essere accolto e deve essere dichiarato il diritto della ricorrente all’accesso alla documentazione richiesta entro 15 giorni decorrenti dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notifica del presente decisione.
In relazione al comportamento del Ministero che, a quasi venti anni dall’emanazione della L. n.241/1990, ha costretto l’interessata ad adire la via giurisdizionale per ottenere un diritto pacifico le spese, secondo le regole generali. seguono la soccombenza e sono complessivamente liquidati in € 2.000,000 di cui € 500,00 per spese.
Il ricorso è fondato.
Come è noto, in base ai principi generali in materia, l'accesso agli atti amministrativi è la regola, mentre il diniego è l’eccezione.
L’accesso può infatti essere escluso solo ed esclusivamente nei casi espressamente previsti dall’art. 24 L. n. 241/1990, tra i quali non rientra quella in parola.
Pertanto l’accesso ai documenti prodotti dai candidati (ma anche ai verbali, alle schede di valutazione ed agli elaborati) non può essere rifiutato dall’amministrazione dato che:
-- il diritto di accesso alla documentazione amministrativa prevale sul diritto alla riservatezza dei terzi (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 12 novembre 2009, n. 11094);
-- deve essere esclusa in radice, rispetto a tali documenti, l'esigenza di riservatezza a tutela dei terzi, sia perché i concorrenti, prendendo parte alla selezione, hanno evidentemente acconsentito a misurarsi in una competizione nella quale la comparazione dei valori costituisce l'essenza; e sia perché tali atti, una volta acquisiti alla procedura, escono dalla sfera personale dei partecipanti (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 09 febbraio 2010, n. 726);
-- non vi è alcuna necessità di attendere la conclusione della medesima, in quanto non v’è necessità che la lesione si faccia concreta e quindi con essa l'interesse all'impugnazione diventi attuale, in quanto il candidato è comunque titolare di un interesse autonomo alla conoscenza dei predetti atti specie laddove l'interessato abbia chiesto copia di atti, quali curriculum, titoli, ecc. in relazione ai quali non vi è alcuna contrapposta esigenza di riservatezza (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3147; T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 25 novembre 2009, n. 3460);
In conclusione il ricorso è fondato e deve essere accolto e deve essere dichiarato il diritto della ricorrente all’accesso alla documentazione richiesta entro 15 giorni decorrenti dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notifica del presente decisione.
In relazione al comportamento del Ministero che, a quasi venti anni dall’emanazione della L. n.241/1990, ha costretto l’interessata ad adire la via giurisdizionale per ottenere un diritto pacifico le spese, secondo le regole generali. seguono la soccombenza e sono complessivamente liquidati in € 2.000,000 di cui € 500,00 per spese.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio– Sez.II^- quater:
1. Accoglie il ricorso avverso il silenzio-rifiuto, e per l’effetto dichiara l'obbligo del Ministero a provvedere sulla domanda di accesso della ricorrente nei tempi e nei modi di cui in motivazione;
2. Condanna la Regione al pagamento delle spese processuali che vengono complessivamente liquidate in € 2.000,00 di cui 500,00 per spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio– Sez.II^- quater:
1. Accoglie il ricorso avverso il silenzio-rifiuto, e per l’effetto dichiara l'obbligo del Ministero a provvedere sulla domanda di accesso della ricorrente nei tempi e nei modi di cui in motivazione;
2. Condanna la Regione al pagamento delle spese processuali che vengono complessivamente liquidate in € 2.000,00 di cui 500,00 per spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
INCARICHI PROFESSIONALI DEVONO ESSERE AFFIDATI TRAMITE UNA GARA
Consiglio
di Stato, sez. V, 28 maggio 2010, n. 3405
Incarichi professionali - affidamento di incarico diretto e
senza gara- illegittimità.
E’
illegittima la delibera con cui un Ente pubblico (nella specie si trattava di
un consorzio di bonifica), senza il preventivo esperimento di una apposita
procedura selettiva pubblica, ha affidato ad un avvocato un incarico di
consulenza legale della durata di un anno, al fine di supportare lo svolgimento
delle ordinarie attività amministrative dell’ente stesso, nel caso in cui una
statutaria dell’ente prevedeva che l’affidamento diretto di un incarico
professionale può essere disposto solo eccezionalmente nel caso di conferimento
di incarichi speciali e di particolare rilevanza e non già per l’ordinarie
attività amministrative; in tal caso, infatti, la suddetta deliberazione è
illegittima per violazione della suddetta norma statutaria dell’ente e dei
principi costituzionali della p.a. (ex art. 97 Cost.), nonché dei principi di
derivazione comunitaria di non discriminazione, parità di trattamento e
pubblicità
GLI AVVOCATI RISPONDONO DEL LORO OPERATO
Anche gli avvocati come
tutti i liberi professionisti hanno l'obbligo di adempiere al loro compito nel
migliore dei modi senza che l'imperizia o la negligenza possa causare un danno
al proprio assistito. A tal proposito si è espressa la S.C. con SENTENZA
N. 15717 DEL 2 LUGLIO 2010,
all'interno della quale ha espresso il proprio orientamento giurisprudenziale.
PROFESSIONI
E PROFESSIONISTI – AVVOCATO - RESPONSABILITÀ – CONFIGURABILITA’ IN CASO DI
OMESSA ATTIVITA’ DIFENSIVA PER CAUSA AD ELEVATO RISCHIO DI SOCCOMBENZA -
SUSSISTENZA
E’
configurabile la responsabilità professionale dell’avvocato quando, in caso di
controversie ritenute di notevole difficoltà e tali da esporre il cliente ad un
elevato rischio di soccombenza, accetti comunque di patrocinare una parte e poi
si disinteressi totalmente di cercare, in ogni modo, di tutelarne le possibili
ragioni, senza, nemmeno, attivarsi per trovare una soluzione transattiva,
esponendo il cliente all'incremento del pregiudizio iniziale, se non altro a
causa delle spese processuali a cui lo stesso va incontro, per la propria
difesa e per quella della parte avversa.
mercoledì 16 maggio 2012
RICHIESTA DI ACCESSO AGLI ATTI - LA P.A. NON RISPONDE - OMISSIONI D' ATTI D'UFFICIO
Spesso ci si
continua a chiedere se l’inerzia della pubblica amministrazione innanzi ad una
richiesta formale , di accesso agli atti e/o quant’altro, possa integrare il
reato penale di cui all’art. 328 del c.p.
La
legge n. 241/90, per altro modificata dalla L. n.69/2009, ha rafforzato
l’obbligo posto a capo delle pubbliche amministrazioni, di concludere i
procedimenti amministrativi (accesso agli atti) entro il termine di 30 giorni,
o, comunque mai oltre i 180 giorni, fissato dai regolamenti dei singoli enti.
Viene determinata altresì una sanzione risarcitoria degli eventuali danni
procurati in caso di mancata conclusione entro i termini previsti. La
violazione di questo precetto determina tanto la condanna a provvedere, che
l’obbligo di risarcimento del danno, inoltre, può integrare la fattispecie del
reato della violazione dei doveri d’ufficio di cui all’art. 328 del c.p.
L’art.
328 c.p. prevede il reato di omissione di atti d’ufficio per il pubblico
ufficiale che entro 30 giorni dalla richiesta, o in un tempo più lungo come
sopra citato, non compie l’atto e non risponde spiegando le ragioni del
ritardo.
Il
reato si configura anche a fronte di una richiesta di accesso da parte del
privato cittadino, infatti, il pubblico ufficiale ha il dovere di rispondere
entro 30 giorni o rilasciando l’atto richiesto ovvero negandolo motivatamente;
nella ipotesi di mancata risposta espressa nel termine previsto, ai sensi del
Co. 4 dell’art. 25 della L. 241/90, la richiesta “si intende respinta”,
stimolando così il meccanismo del silenzio rigetto. In siffatta ipotesi si
ipotizza invece, che a carico del funzionario inadempiente si possa ravvisare
il reato di cui all’art. 328 c.p.
Parte
della giurisprudenza ha ritenuto inapplicabile il reato di cui all’art.328 del
c.p. in materia di accesso, poiché maturerebbe comunque il meccanismo del
silenzio rigetto, un provvedimento negativo, comunque emesso dalla p.a., onde
scatterebbe la causa di giustificazione codificata dall’art.51 c.p. costituendo
un diritto per la p.a., il potere di sostituire un provvedimento tacito a
quello espresso.
E’
stato tuttavia giustamente replicato che il richiamo alla scriminante di cui
all’art.51 c.p. appare fuori luogo, giacché il meccanismo del silenzio rigetto
costituisce soltanto una fictio
iuris e non una
manifestazione di un diritto attribuito dalla p.a. (che anzi ha pur sempre il
dovere di concludere il procedimento mediante provvedimento espresso ex art. 2,
comma 2, legge 241/90).
La
giurisprudenza prevalente, inoltre, non ha ritenuto di condividere nemmeno
l’impostazione dottrinale secondo cui la consumazione del reato presupporrebbe
che, a seguito della formazione del silenzio rigetto per effetto del decorso
dei 30 giorni dall’istanza, l’interessato invii un ulteriore atto di diffida.
La tesi, che sarebbe plausibile ove il termine per la conclusione del
procedimento sia superiore a quello penale di 30 giorni, non appare esatta nel
caso in cui il termine procedimentale e quello penale coincidano: in tal caso
un atto sollecitatorio, volto a stigmatizzare un silenzio già intrinsecamente
illecito, sarebbe sicuramente inutile. Per quanto esposto, il rapporto tra
l’art. 328 c.p. e la legge 241/90 è facilmente rinvenibile. Si può affermare
che la legge n. 241 fissa in modo circostanziato il precetto al quale la p.a. e
i suoi dipendenti devono attenersi in materia di accesso agli atti, mentre
l’art. 328 c.p. co. 2, prevede le punibilità per la violazione di tale precetto.
GESTORE TELEFONICO - CONTRATTO
Sentenza n. 7997 del 1° aprile 2010
(Sezione Terza Civile, Presidente S. Senese, Relatore A. Amendola)
CONTRATTI – CONTRATTO DI UTENZA TELEFONICA – PERFEZIONAMENTO – APPLICABILITA’ DELLA DISCIPLINA CODICISTIVA – SUSSISTENZA
Il contratto di attivazione
della linea telefonica è a forma libera e si perfeziona, alla stregua delle
norme generali degli artt. 1325 e 1326 cod. civ., nel momento in cui il
proponente ha conoscenza dell'accettazione del destinatario, con la conseguente
disapplicazione dell’art. 3 del d.m. 8 settembre 1988, n. 484 (contenente
l'approvazione del regolamento di servizio per l'abbonamento telefonico) che
riconduce il perfezionamento contrattuale all’atto della sottoscrizione della
polizza ovvero dell'attivazione dell'impianto.
BOLLETTE - ESIGIBILITA' E PRESCRIZIONE
"La delibera n.
66/07 condannava l'Enel a circa 11 milioni di euro per mancata informazione, in
bolletta, dell'esistenza di almeno una modalità gratuita di pagamento della
bolletta. Essa è stata recentemente confermata dal Consiglio di Stato Sent. 2507 del 23.2.2010 dep
03.05.2010 , che ha riformato
la sentenza del Tar lombardo che la annullò."
"La sentenza tratta accuratamente e
approfonditamente della questione delle spese di spedizione. Prende atto della
sentenza della Cassazione sul punto e anzi, partendo proprio da essa, trae
argomenti a sostegno della pretesa del consumatore.
Il Tribunale civile di Napoli, sez. XII
n.4044 del 12.4.2010 si pronuncia
anche sull'Iva che, ad avviso del giudicante, non è applicabile sulle spese di
spedizione. Censura il comportamento della Telecom consistente nel non
dimostrare quanto effettivamente spende per l'invio tramite posta delle fatture
ai propri clienti.
L'ulteriore importanza di questa sentenza è
quella di provenire dalla XII^ sezione, cioè da una delle due "sezioni
specializzate" (tra cento virgolette) nel ramo dei contratti tra
professionisti e consumatori (l'altra è la XI^).
Canone idrico e consumi presunti.
Il giudice di pace di Nocera il 16
febbraio 2009 afferma che la cessione del contratto di somministrazione non può
desumersi ma necessita di forma scritta, escludendo pertanto la possibilità per
i gestori del servizio di distribuzione dell'acqua potabile di determinare il
canone, avente natura di corrispettivo reso, sulla base dei consumi presunti in
quanto il pagamento richiesto dev'essere solo per l'acuqa effettivamente
erogata ( cfr. Trib. Napoli 21.11.2001). Si ribadisce l'obbligatorietà della
forma scritta da parte della p.a e si esclude la cessione del contratto,
allorquando provenga dalla p.a. o da un ente pubblico (cfr. Cass. 12.04.06, n.
8621). Molti gestori privati purtroppo calcolano i consumi presunti sebbene in
mancanza di atto di cessione e sottoscrizione e/o consenso dei contraenti
ceduti. Nella fattispecie, la cessione del contratto è nulla e non suscettibile
a ratifiche. (cfr. Cass. Civ. 15.03.2004, n. 5234)
Le bollette inerenti il gas,
l'acqua, la luce, il telefono, etcc.. non sono più esigibili decorsi i cinque
anni (art. 2948 c.c. ) . Qualora le fatture siano oggetto di controversia il
termine è di 10 anni. Dopo tale termine le bollette devono ritenersi cadute in
prescrizione ai sensi dell'art.2934 del c.c.
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