Consiglio di Stato sez.VI 17/3/2009 n. 1577
Trasferimento per incompatibilità ambientale
Trasferimento per incompatibilità ambientale
È necessaria la comunicazione
d'avvio del procedimento ex art. 7, L. 241/1990, per adottare un provvedimento
di trasferimento per incompatibilità ambientale di un pubblico dipendente. La
P.A. deve tener conto, nel disporre il trasferimento, anche della situazione
familiare del dipendente, e deve motivare le ragioni per le quali individui una
determinata sede anziché altre, in ipotesi, meno disagevoli per l'interessato.
FATTO
Con
il ricorso introduttivo del giudizio era stato chiesto dall’odierno
appellato l’annullamento dell’ordine di servizio n.341 del 15
maggio 1996, prot. n.6461, adottato dal Dirigente dell’Ufficio Provinciale del
Lavoro e della Massima Occupazione di Arezzo – Ministero del Lavoro e della
Previdenza Sociale – con cui era stato disposto il trasferimento del dipendente
medesimo dalla S.c.i.c.a. di Camucia n.40 alla S.c.i.c.a. n.15 di Arezzo con
decorrenza 3 giugno 1996 – nonché del d.m.96/0179 prot.n.4528, del Ministro del
Lavoro e della Previdenza Sociale di reiezione del ricorso gerarchico
presentato dal Pietrantuono contro il sopraccitato ordine di servizio n.341 del
15 maggio 1996 prot.6461.
Erano state dedotte a sostegno del gravame, le censure di eccesso di potere per illogicità dell’atto, sviamento di potere, erroneità dei presupposti, difetto di motivazione, contraddittorietà tra atti, violazione di legge, violazione di norma regolamentare (art.40 D.P.R. n.266/87), vizi afferenti alla motivazione (art.3 legge n.241/90), violazione del giusto procedimento (artt.7 e segg. legge n.241/90).
I primi Giudici hanno in primo luogo respinto l’eccezione di irricevibilità del ricorso sollevata dall’Avvocatura dello Stato atteso che la decisione del ricorso gerarchico era stata notificata all’appellato in data 23 ottobre 1996 ed il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado era stato notificato in data 23 dicembre 1996: tenuto conto che il 22 dicembre 1996 era festivo, il ricorso risultava essere stato tempestivamente proposto.
Il Tar ha poi accolto il gravame, - con assorbimento degli ulteriori motivi di doglianza- ritenendo essere stato scorrettamente ed immotivatamente omesso l’inoltro dell’avviso dell’avvio del procedimento, il che viziava la statuizione finale posto che si era nella impossibilità di determinare, in sede di legittimità quale sarebbe stato l’apporto collaborativo dell’odierno appellante ove ritualmente avvisato.
Avverso la sentenza in epigrafe l’amministrazione ha proposto un articolato appello.
Ha richiamato in punto di fatto gli elementi sottesi alla determinazione dell’amministrazione, evidenziando che il provvedimento di trasferimento si era reso necessario a cagione delle assenze e delle numerose infrazioni disciplinari commesse dall’appellato (specificamente sanzionate nell’ambito di distinti procedimenti) e del conseguente stato di tensione, ricadente sull’intero ambiente lavorativo.
Ha evidenziato la condivisibilità dell’orientamento giurisprudenziale (opposto a quello seguito dai primi Giudici) secondo il quale tale fattispecie di provvedimenti non era necessario che fosse preceduta dall’incombente di cui all’art. 7 della legge n. 241/1990; ha rammentato la portata della novella legislativa di cui all’art. 21octies della legge n. 241/1990, ed ha infine fatto presente la situazione di obiettiva urgenza che rendeva indifferibile un tempestivo intervento a tutela della serenità delle condizioni di lavoro.
La sentenza appellata, in quanto errata, meritava, conclusivamente, di essere annullata.
Erano state dedotte a sostegno del gravame, le censure di eccesso di potere per illogicità dell’atto, sviamento di potere, erroneità dei presupposti, difetto di motivazione, contraddittorietà tra atti, violazione di legge, violazione di norma regolamentare (art.40 D.P.R. n.266/87), vizi afferenti alla motivazione (art.3 legge n.241/90), violazione del giusto procedimento (artt.7 e segg. legge n.241/90).
I primi Giudici hanno in primo luogo respinto l’eccezione di irricevibilità del ricorso sollevata dall’Avvocatura dello Stato atteso che la decisione del ricorso gerarchico era stata notificata all’appellato in data 23 ottobre 1996 ed il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado era stato notificato in data 23 dicembre 1996: tenuto conto che il 22 dicembre 1996 era festivo, il ricorso risultava essere stato tempestivamente proposto.
Il Tar ha poi accolto il gravame, - con assorbimento degli ulteriori motivi di doglianza- ritenendo essere stato scorrettamente ed immotivatamente omesso l’inoltro dell’avviso dell’avvio del procedimento, il che viziava la statuizione finale posto che si era nella impossibilità di determinare, in sede di legittimità quale sarebbe stato l’apporto collaborativo dell’odierno appellante ove ritualmente avvisato.
Avverso la sentenza in epigrafe l’amministrazione ha proposto un articolato appello.
Ha richiamato in punto di fatto gli elementi sottesi alla determinazione dell’amministrazione, evidenziando che il provvedimento di trasferimento si era reso necessario a cagione delle assenze e delle numerose infrazioni disciplinari commesse dall’appellato (specificamente sanzionate nell’ambito di distinti procedimenti) e del conseguente stato di tensione, ricadente sull’intero ambiente lavorativo.
Ha evidenziato la condivisibilità dell’orientamento giurisprudenziale (opposto a quello seguito dai primi Giudici) secondo il quale tale fattispecie di provvedimenti non era necessario che fosse preceduta dall’incombente di cui all’art. 7 della legge n. 241/1990; ha rammentato la portata della novella legislativa di cui all’art. 21octies della legge n. 241/1990, ed ha infine fatto presente la situazione di obiettiva urgenza che rendeva indifferibile un tempestivo intervento a tutela della serenità delle condizioni di lavoro.
La sentenza appellata, in quanto errata, meritava, conclusivamente, di essere annullata.
DIRITTO
La
sentenza deve essere confermata previa declaratoria di infondatezza
dell’appello.
Non v’è contestazione alcuna in ordine agli aspetti fattuali e cronologici sottesi alla causa, né in ordine alle disposizioni applicabili alla fattispecie, il che esonera il Collegio dal rivisitare tali aspetti.
Come è noto, in subiecta materia, si sono fronteggiati nel tempo due distinti orientamenti giurisprudenziali.
Secondo il più risalente - che coincide con le prospettazioni poste a fondamento dell’appello della difesa erariale – “viene meno la necessità della comunicazione di avvio di procedimento allorquando venga in contestazione un trasferimento per incompatibilità ambientale, non sussistendo la possibilità, nè sul piano della logica nè sotto il profilo di esigenze garantistiche, di un coinvolgimento dell'interessato, ai sensi dell'art. 7 l. n. 241 del 1990, nella determinazione che l'amministrazione deve assumere, atteso che in tale situazione le circostanze oggettive, pure riferibili al funzionario interessato, prescindono da ipotesi di responsabilità delle quali il medesimo debba essere ammesso a discolparsi, o che possa contribuire a rimuovere con la partecipazione al procedimento.” (Consiglio Stato , sez. IV, 28 maggio 2003, n. 2970).
Una contrapposta ricostruzione ermeneutica, invece – costantemente seguita dalla Sezione – ha affermato che “è necessaria, ai sensi dell'art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241, la comunicazione di avvio del procedimento volto all'adozione di un provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale di un pubblico dipendente.” (Consiglio Stato, sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7579).
Tale orientamento appare al Collegio maggiormente garantistico con riferimento alla posizione del dipendente – attinto comunque da una misura che, ancorchè distinta dal procedimento sanzionatorio disciplinare, possiede comunque caratteristiche invasive ed afflittive -; rispettoso del fine deflattivo del contenzioso sotteso alla disposizione normativa di cui all’art. 7 della legge n. 241/1990; coerente con l’esigenza che il destinatario del procedimento, anche a meri fini collaborativi, metta a parte l’amministrazione di ogni utile elemento connesso ai fatti che questa si trova a dovere valutare.
Con riferimento ai provvedimenti del genere di quello oggetto dell’odierna impugnazione – è opportuno rammentare- se ne è tradizionalmente affermata la assenza di connotazione disciplinare, essendosi condivisibilmente affermato che “il trasferimento per incompatibilità ambientale consegue ad una valutazione ampiamente discrezionale dei fatti che possono sconsigliare la permanenza in una determinata sede, senza per ciò assumere carattere sanzionatorio, sì che la sua adozione non presuppone né una valutazione comparativa dell'amministrazione in ordine alle esigenze organizzative dei propri uffici né l'espressa menzione dei criteri in base ai quali vengono determinati i limiti geografici dell' incompatibilità ai fini dell'individuazione della sede più opportuna, né può essere condizionata dalle situazioni personali e familiari del dipendente, che ovviamente recedono di fronte all'interesse pubblico alla tutela del buon funzionamento degli uffici e del prestigio dell'amministrazione stessa.”. (Consiglio Stato, sez. IV, 10 luglio 2007, n. 3892).
E’ peraltro jus receptum quello secondo il quale “l'amministrazione deve tener conto, nel disporre il trasferimento, anche della situazione di famiglia del dipendente, onde essa non può esimersi dall'obbligo di una puntuale motivazione circa le ragioni per le quali individui una determinata sede anziché altre, in ipotesi, meno disagevoli per l'interessato.” (Consiglio Stato, sez. VI, 06 settembre 2005, n. 4531, ma anche Consiglio Stato, sez. IV, 27 febbraio 1996, n. 187).
L’avviso dell’avvio del procedimento consente (tra l’altro) la tempestiva emersione di tali esigenze ed è stato immotivatamente omesso.
Di converso, nessuna esigenza di celerità od urgenza emerge dagli atti e/o è stata documentata dall’amministrazione appellante, che ad essa ha fatto generico riferimento nel ricorso in appello con affermazione sostanzialmente “integrativa” della statuizione impugnata, non suscettibile di positiva valutazione.
Anche sotto tale profilo, pertanto, il gravame non merita accoglimento; il complessivo percorso argomentativo dei primi Giudici resiste alle censure articolate nell’appello ed appare, pertanto, esatta e meritevole di conferma la appellata decisione.
Sussistono nondimeno giusti motivi per compensare le spese processuali sostenute dalle parti.
Non v’è contestazione alcuna in ordine agli aspetti fattuali e cronologici sottesi alla causa, né in ordine alle disposizioni applicabili alla fattispecie, il che esonera il Collegio dal rivisitare tali aspetti.
Come è noto, in subiecta materia, si sono fronteggiati nel tempo due distinti orientamenti giurisprudenziali.
Secondo il più risalente - che coincide con le prospettazioni poste a fondamento dell’appello della difesa erariale – “viene meno la necessità della comunicazione di avvio di procedimento allorquando venga in contestazione un trasferimento per incompatibilità ambientale, non sussistendo la possibilità, nè sul piano della logica nè sotto il profilo di esigenze garantistiche, di un coinvolgimento dell'interessato, ai sensi dell'art. 7 l. n. 241 del 1990, nella determinazione che l'amministrazione deve assumere, atteso che in tale situazione le circostanze oggettive, pure riferibili al funzionario interessato, prescindono da ipotesi di responsabilità delle quali il medesimo debba essere ammesso a discolparsi, o che possa contribuire a rimuovere con la partecipazione al procedimento.” (Consiglio Stato , sez. IV, 28 maggio 2003, n. 2970).
Una contrapposta ricostruzione ermeneutica, invece – costantemente seguita dalla Sezione – ha affermato che “è necessaria, ai sensi dell'art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241, la comunicazione di avvio del procedimento volto all'adozione di un provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale di un pubblico dipendente.” (Consiglio Stato, sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7579).
Tale orientamento appare al Collegio maggiormente garantistico con riferimento alla posizione del dipendente – attinto comunque da una misura che, ancorchè distinta dal procedimento sanzionatorio disciplinare, possiede comunque caratteristiche invasive ed afflittive -; rispettoso del fine deflattivo del contenzioso sotteso alla disposizione normativa di cui all’art. 7 della legge n. 241/1990; coerente con l’esigenza che il destinatario del procedimento, anche a meri fini collaborativi, metta a parte l’amministrazione di ogni utile elemento connesso ai fatti che questa si trova a dovere valutare.
Con riferimento ai provvedimenti del genere di quello oggetto dell’odierna impugnazione – è opportuno rammentare- se ne è tradizionalmente affermata la assenza di connotazione disciplinare, essendosi condivisibilmente affermato che “il trasferimento per incompatibilità ambientale consegue ad una valutazione ampiamente discrezionale dei fatti che possono sconsigliare la permanenza in una determinata sede, senza per ciò assumere carattere sanzionatorio, sì che la sua adozione non presuppone né una valutazione comparativa dell'amministrazione in ordine alle esigenze organizzative dei propri uffici né l'espressa menzione dei criteri in base ai quali vengono determinati i limiti geografici dell' incompatibilità ai fini dell'individuazione della sede più opportuna, né può essere condizionata dalle situazioni personali e familiari del dipendente, che ovviamente recedono di fronte all'interesse pubblico alla tutela del buon funzionamento degli uffici e del prestigio dell'amministrazione stessa.”. (Consiglio Stato, sez. IV, 10 luglio 2007, n. 3892).
E’ peraltro jus receptum quello secondo il quale “l'amministrazione deve tener conto, nel disporre il trasferimento, anche della situazione di famiglia del dipendente, onde essa non può esimersi dall'obbligo di una puntuale motivazione circa le ragioni per le quali individui una determinata sede anziché altre, in ipotesi, meno disagevoli per l'interessato.” (Consiglio Stato, sez. VI, 06 settembre 2005, n. 4531, ma anche Consiglio Stato, sez. IV, 27 febbraio 1996, n. 187).
L’avviso dell’avvio del procedimento consente (tra l’altro) la tempestiva emersione di tali esigenze ed è stato immotivatamente omesso.
Di converso, nessuna esigenza di celerità od urgenza emerge dagli atti e/o è stata documentata dall’amministrazione appellante, che ad essa ha fatto generico riferimento nel ricorso in appello con affermazione sostanzialmente “integrativa” della statuizione impugnata, non suscettibile di positiva valutazione.
Anche sotto tale profilo, pertanto, il gravame non merita accoglimento; il complessivo percorso argomentativo dei primi Giudici resiste alle censure articolate nell’appello ed appare, pertanto, esatta e meritevole di conferma la appellata decisione.
Sussistono nondimeno giusti motivi per compensare le spese processuali sostenute dalle parti.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione sesta, definitivamente
pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe lo respinge e per l’effetto
conferma l’appellata sentenza.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Nessun commento:
Posta un commento