Il silenzio rifiuto della
pubblica amministrazione è illegittimo
(Tar Lazio 9948/2007)
L’istanza presentata da un privato cittadino alla pubblica
amministrazione per ottenere un provvedimento discrezionale a proprio favore,
determina l’obbligo della stessa pubblica amministrazione di fornire una
risposta, senza rimanere inerte. Ciò, in base alle disposizioni di cui agli
articoli 2 e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni,
le quali, in materia di procedimento amministrativo, hanno definitivamente
sancito l’intrinseca illegittimità del silenzio-rifiuto della pubblica
amministrazione. In tal senso si è pronunciato il TAR (Tribunale Amministrativo
Regionale) del Lazio nella Sentenza n. 9948/2007, con la quale è stato accolto
il ricorso presentato da alcuni cittadini del Comune di Marino affinché la
propria amministrazione comunale fosse indotta ad adottare un provvedimento in
merito alla richiesta da essi più volte avanzata senza ricevere alcuna risposta
e finalizzata ad ottenere l’allaccio delle loro utenze al servizio idrico
comunale. Relativamente all’obbligo dell’amministrazione comunale di emettere
un provvedimento esplicito senza potersi avvalere del silenzio-rifiuto, il TAR
del Lazio ha svolto varie considerazioni tra cui le seguenti. Il legislatore,
con la legge n. 241 del 1990 è intervenuto a stabilire gli obblighi di
comportamento della pubblica amministrazione con riguardo alle richieste del
cittadino al cui servizio essa è istituzionalmente preposta. La richiesta
rivolta dai ricorrenti alla propria amministrazione comunale non corrisponde ad
un procedimento amministrativo tipizzato a conclusione del quale è prevista
l’emanazione di un provvedimento amministrativo finale. Sennonché, secondo una
giurisprudenza consolidata in materia, il dovere di provvedere può scaturire
non solo da puntuali previsioni di legge o di regolamento, ma anche dalla
peculiarità della fattispecie nella quale ragioni di giustizia o equità
impongono l’adozione di provvedimenti o lo svolgimento di un’attività
amministrativa, alla stregua dei principi posti in via generale dall’articolo
97 della Costituzione. La legge n. 241 del 1990, ancorché legge di principi,
esplica un effetto precettivo direttivo in tutti i casi in cui le esigenze
partecipative, di trasparenza e di buona amministrazione non abbiano uno
specifico riscontro nella disciplina di un singolo procedimento tipizzato.
Pertanto, nella fattispecie, in base alle richiamate norme degli articoli 2 e 3
della legge n. 241/1990, l’istanza presentata al Comune di Marino dai
ricorrenti, ha dato inizio ad un procedimento amministrativo che avrebbe dovuto
legittimamente avere termine con l’adozione di un provvedimento contenente
disposizioni conclusive del procedimento avviato da tale istanza. Il silenzio
serbato dal Comune di Marino sull’istanza presentata dal ricorrenti è, quindi,
illegittima. Da qui la Sentenza con la quale il TAR del Lazio, in accoglimento
del ricorso, ha ordinato al Comune di Marino di adottare, entro trenta giorni
dalla relativa notifica o comunicazione, un espresso provvedimento a
definizione della richiesta che i ricorrenti avevano ad esso rivolta,
prevedendo inoltre che, in caso di mancata adozione del provvedimento, questo,
su domanda dei ricorrenti, dovrà essere emanato, in sostituzione del Comune, da
un Commissario ad acta, cioé nominato appositamente.(17 marzo 2008)
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