Il mancato pieno godimento del riposo settimanale, determinato dalla necessità di essere reperibile in una giornata festiva o di riposo e dalla mancata fruizione del riposo compensativo, si pone in irrimediabile contrasto col principio costituzionale dell'irriducibile diritto del lavoratore al riposo settimanale (art. 36 Cost.), da fruirsi di regola in coincidenza della domenica (art. 2109 c.c.), per 24 ore consecutive; d'altra parte, il lavoratore ha diritto alla propria integrità psicofisica - bene garantito dalla Costituzione ex art. 32 -, la quale non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza, ma si collega alla dimensione stessa dell'individuo nell'ambito in cui esplica la propria personalità in tutti gli aspetti ad essa connessi. Conseguentemente, anche la "reperibilità", con le limitazioni che impone alla libertà personale e per il logorio psicofisico che produce, è sufficiente a configurare l'obbligo del datore di lavoro a risarcire il danno che consegue al lavoratore che presti il servizio di pronta disponibilità nel giorno di riposo settimanale, atteso che tale irrinunciabile diritto è qualificato dalla necessità, oltre che dalla ricostituzione delle energie biopsichiche del lavoratore, anche dalla esigenza di quest'ultimo di partecipare serenamente alle comuni forme di vita familiare e sociale, senza vincoli particolari. (App. Bari, Sez. lavoro, 02/02/2008)
Il riposo settimanale (di regola in coincidenza con la domenica, salve le eccezioni di cui agli art. 1 e 5, l. 22 febbraio 1934, n. 370) costituisce un diritto irrinunciabile del lavoratore (art. 36 cost.), la cui fruizione, dovendo tendere alla ricostituzione delle energie biopsichiche del dipendente ed a permettergli di partecipare alle comuni forme di vita familiare e sociale senza vincoli particolari, è esclusa dal cosiddetto obbligo di reperibilità (che impone al lavoratore di fornire al datore di lavoro notizie atte a rintracciarlo in qualsiasi momento in vista di un'eventuale prestazione lavorativa), sicché contrasta con la norma costituzionale predetta la disposizione collettiva che, fuori delle eccezioni suindicate e senza prevedere recupero sostitutivo, estenda l'obbligo di reperibilità, ancorché remunerato, alla giornata domenicale (principio affermato in relazione all'art. 32 del contratto collettivo per i telefonici del 1978 ed in controversia concernente la legittimità o meno della sanzione disciplinare inflitta a lavoratore rifiutatosi di prestare servizio di reperibilità). (Cass. civ., Sez. lavoro, 05/06/1987, n.4940).
Il Giudice del Lavoro di Santa Maria Capua Vetere ha condannato l'ASL Caserta 2 a risarcire un'infermiera per ogni turno di reperibilità svolto in giornata festiva, pari al 30% della paga prevista per il lavoro prestato in un giorno festivo, perchè l'ASL non aveva concesso il riposo compensativo alla lavoratrice.
Segue il testo della sentenza n° 2384 /2007 Con riscorso depositato in data 0/01/2005 e ritualmente notificato a controparte, l’istante in epigrafe, premesso di essere dipendente dell’ASL CE /2 di Aversa , presso il P.O. di Sessa Aurunca in qualità di infermiere professionale , esponeva (omissis)
Alla luce dell’interpretazione data alla normativa dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 146 del 1971 la giurisprudenza più recente ha affermato che la regola secondo la quale tale riposo deve essere goduto dopo sei giorni di espletamento dell’attività lavorativa non assume valore assoluto sicché non solo la legge ma anche i contratti collettivi o individuali possono prevedere una disciplina difforme a condizione che sussistano situazioni che la rendano necessaria a tutela di interessi apprezzabili e che , inoltre non venga snaturato o eluso il rapporto – nel complesso – di un giorno di riposo e sei di lavoro e non vengono superati i limiti di ragionevolezza soprattutto riguardo alla tutela della salute dei lavoratori (vedi Cass. 1474/2001 n.5592). In mancanza di dette condizioni permane l’obbligo di rispettare la sequenza 6-1 nel senso che a sei giorni consecutivi di lavoro deve immediatamente seguire un giorno di riposo la cui funzione è dunque la ratio della norma che lo impone come regola è quella di consentire al lavoratore un puntuale ed efficace ripristino delle proprie energie psico-fisiche secondo il ritmo o ciclo al quale l’organismo umano si è assuefatto (v. Cass. 11419 /00 e Cass. n 623/93).
In ordine , poi, alle conseguenze relative alla mancata fruizione , da parte del lavoratore, del riposo settimanale l’orientamento più recente della S.C. distingue nettamente il c.d. danno da usura psico-fisica conseguente alla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro , dal c.d. danno biologico che si sostanzia in una indennità del lavoratore determinata dalla continua e sistematica violazione del diritto dello stesso al riposo settimanale.
La prima ipostesi di danno è correlata ad una inadempienza del datore di lavoro e come tale essendo oggetto (quanto all’an) di una presunzione assoluta può anche essere spontaneamente determinato dalle parti , anche in via transattiva. Esso in particolare ha osservato la S.C. (v. Cass. 11/6/96 n. 6327 ; Cass. 13/3/97 n. 2231 ; Cass. 6/7/2001 n. 9146 ; Cass. 6/4/2003 n. 5207 ; Cass. 19/11/97 n. 11524) non corrisponde necessariamente all’importo di una retribuzione giornaliera , ma deve essere determinato in concreto , eventualmente anche in via equitativa , dal giudice del merito secondo una motivata valutazione che tenga conto della gravosità delle varie prestazioni lavorative e di eventuali strumenti ed istituti affini della disciplina collettiva ( v. Cass. 19/3/99 n. 316 ; Cass. 26/1/99 n. 704 ; Cass. 4/3/2000 n. 24551 ).
Nella fattispecie che ci occupa, l’istante ha effettuato i turni di reperibilità indicati in ricorso in giorni festivi ( per un totale di n. 27 ) anche se, comunque , tale turno non si è concretizzato in servizio effettivamente prestato (c.d. reperibilità passiva) e non ha goduto nella settimana successiva al predetto turno del riposo compensativo che l’azienda avrebbe dovuto permettergli attraverso una diversa organizzazione della settimana lavorativa . Il diritto dell’istante trova il proprio fondamento nella disposizione di cui all’art. 18 D.P.R. 270/87 , che risulta trasfusa , in forma pressoché identica , nella contrattazione collettiva vigente e , precisamente, nell’art. 7 del CCNL integrativo del CCNL del personale del comparto del 20/9/2001 che , nel disciplinare il servizio di pronta disponibilità , al comma 6, riproponendo letteralmente la stessa disciplina di cui al citato art. 18 D.P.R. 270/87 , così recita “Il servizio di pronta disponibilità va limitato ai turni notturni ed ai giorni festivi . Nel caso in cui esso cada in giorno festivo spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale.”
Ed allora deve concludersi che in tutti i casi in cui il dipendente è chiamato a svolgere il servizio di reperibilità in un giorno festivo o di domenica gli spetta un giorno di riposo compensativo. L’espressione “ senza riduzione del debito orario settimanale” che si legge nell’articolo 18 DPR 270/87 e nella normativa contrattuale deve essere intesa nel senso che , anche nella settimana in cui il dipendente andrà a godere del riposo compensativo , dovrà comunque lavorare per l’intero ammontare del suo debito orario con la conseguenza che in questa ipotesi le 36 ore settimanali andranno distribuite nei 5 giorni disponibili con esclusione cioè del giorno di riposo ordinario e del giorno di riposo compensativo . Alla stregua delle considerazioni che precedono si deve affermare il diritto dell’istante a fruire del riposo compensativo in tutte le occasioni in cui è stato assegnato al servizio di pronta disponibilità (c.d. reperibilità) nel giorno festivo anche se non chiamato in concreto ad intervenire.
Riguardo alle conseguenze della mancata fruizione del riposo compensativo va riconosciuto all’istante una tutela di carattere risarcitorio come affermato dalla S.C. nelle pronunce innanzi richiamate che pur riferendosi principalmente all’ipotesi in cui v’è stata una prestazione lavorativa superiore, traevano comunque piena applicazione nel caso di specie ove pure non v’è stata la concessione di un riposo compensativo e quindi il ristoro in modo pieno delle energie psico-fisiche del lavoratore.
La misura di detto risarcimento non può che essere valutata equitativamente per la mancanza di altri e più precisi e puntuali criteri di liquidazione, pertanto stimasi equo condannare l’Azienda convenuta al pagamento, a titolo risarcitorio, per ogni giornata di reperibilità non compensata con il riposo di una somma pari al 30% della paga base prevista per il lavoro prestato in giorno festivo (ciò in aggiunta alle indennità contrattualmente previste per il servizio di pronta disponibilità).
Tanto in considerazione del fatto che, comunque, la messa a disposizione delle energie lavorative da parte del ricorrente quando presta il servizio di pronta disponibilità ed in concreto non viene chiamato ad operare non ha la medesima penosità del lavoro effettivo trattandosi di prestazione qualitativamente diversa rispetto a quella ordinaria ed incidente sul godimento del riposo senza peraltro escluderlo del tutto. Atteso l’esito del giudizio e considerato il contenuto seriale del relativo ricorso stimasi equo compensare tra le parti le spese di lite per la metà : la restante parte segue la soccombenza a carico della convenuta e si liquida come da successivo dispositivo (omissis).
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