giovedì 10 maggio 2012

NASSYRYA - LA GIUSTIZIA AMMAINA LA BANDIERA


Nassirya, un tempo ed una storia, la storia dei 19 militari lì deceduti, che ancora oggi  attendono una giustizia terrena. Diciamo che probabilmente, all’epoca,  un’attento esame della situazione, avrebbe potuto evitare tale tragedia. Ancora oggi non si capisce perché chi ricopre ruoli determinanti e di comando non debba rispondere delle proprie azioni e delle proprie imperizie e negligenze. Purtroppo è il riverbero della mentalità Italiana, si cerca sempre di respingere le responsabilità, soprattutto quando esse ricadono su uomini situati al vertice , di qualsivoglia Istituzione. I 19 morti di Nassirya sono causa dell’imperizia e della sottovalutazione del rischio. Oggi gli alti ufficiali implicati  fruiscono di una norma che è passata inosservata, approvata il 29 dicembre 2009 e pubblicata nella gazzetta ufficiale il 31, la quale statuisce che i Tribunali militari per procedere nei confronti di un soldato o di un ufficiale devono avere il via libera del ministero. Quindi ci troviamo sotto la mannaia del politico, il quale decide se essere processati o meno. A questo punto viene spontaneo chiedersi, verrà mai autorizzata la procedura di contestazione nei confronti dei suddetti ufficiali per il reato ad essi imputato!?
I comandanti furono accusati di “imprudenza, imperizia e negligenza”. Per aver sottovalutato gli allarmi ricevuti prima dell’attacco. e per non aver adeguatamente protetto la base, con i necessari sbarramenti all’ingresso. Per aver riempito i blocchi anticarro non di sabbia, ma di ghiaia e sassi, che al momento dell’attentato si sono trasformati in terribili proiettili. Per aver posizionato il deposito munizioni a ridosso degli alloggi.
Stano è stato condannato in primo grado a due anni di reclusione e poi assolto in appello (non per non aver commesso il fatto, ma per aver obbedito a ordini superiori). Imputato con lui, ma assolto già in primo grado, il generale Vincenzo Lops, che lo aveva preceduto al comando della base. Ora Stano, diventato alto funzionario presso il ministero della Difesa, Stano era in attesa della Cassazione,che avrebbe potuto confermare l’assoluzione o bocciarla. Invece tutto si ferma.A meno di una del tutto improbabile richiesta del ministro, la Cassazione non inizierà neppure il giudizio sulla sentenza Stano; e il Tribunale militare dovrà interrompere il processo a Di Pauli. Nella prossima udienza, fissata il 27 febbraio, era prevista la testimonianza del capo della polizia irachena. Ma i giudici non potranno far altro che prendere atto che il processo è svaporato. La norma contemplata e a cui ci si riferisce èinserita nella legge sul finanziamento delle missioni all’estero. Come ci si comporta ora dinanzi ai famigliari che chiedono un giusto risarcimento, morale e materiale?
Quanta superficiale ingerenza, determinata dalla posizione di potere e dagli interessi personali, che continuano ancora a segnare il percorso di una giustizia poco giusta.
Sono certo che se avessi chiesto a qualsiasi bambino iracheno un consiglio su come fare per impedire che qualsiasi mezzo potesse raggiungere facilmente i pressi della base, sarebbe stato in grado di rispondere e di trovare una soluzione.
La vicenda è una delle tante vicende Italiane, ove non si procede per avvenuta prescrizione o per qualsivoglia altro balzello giuridico nei confronti dei potenti, che fa avvertire il continuo senso di ingiustizia che pervade ormai gli animi di tutti.
Credo sia d’obbligo la bandiera a mezz’asta, per i militari caduti e per la stessa giustizia Italiana.



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