Nassirya, un tempo ed una storia, la storia dei 19 militari lì
deceduti, che ancora oggi attendono una giustizia terrena. Diciamo che
probabilmente, all’epoca, un’attento esame della situazione, avrebbe
potuto evitare tale tragedia. Ancora oggi non si capisce perché chi ricopre
ruoli determinanti e di comando non debba rispondere delle proprie azioni e
delle proprie imperizie e negligenze. Purtroppo è il riverbero della
mentalità Italiana, si cerca sempre di respingere le responsabilità, soprattutto
quando esse ricadono su uomini situati al vertice , di qualsivoglia
Istituzione. I 19 morti di Nassirya sono causa dell’imperizia e della
sottovalutazione del rischio. Oggi gli alti ufficiali implicati fruiscono
di una norma che è passata inosservata, approvata il 29 dicembre 2009 e
pubblicata nella gazzetta ufficiale il 31, la quale statuisce che i Tribunali militari per procedere nei
confronti di un soldato o di un ufficiale devono avere il via libera del
ministero. Quindi ci troviamo sotto la mannaia del politico, il quale decide se
essere processati o meno. A questo punto viene spontaneo chiedersi, verrà mai autorizzata la procedura di
contestazione nei confronti dei suddetti ufficiali per il reato ad
essi imputato!?
I comandanti furono accusati di “imprudenza, imperizia e
negligenza”. Per aver sottovalutato gli allarmi ricevuti prima dell’attacco. e
per non aver adeguatamente protetto la base, con i necessari sbarramenti
all’ingresso. Per aver riempito i blocchi anticarro non di sabbia, ma di ghiaia
e sassi, che al momento dell’attentato si sono trasformati in terribili
proiettili. Per aver posizionato il deposito munizioni a ridosso degli alloggi.
Stano è stato condannato in primo grado a due
anni di reclusione e poi assolto in appello (non per non aver commesso il
fatto, ma per aver obbedito a ordini superiori). Imputato con lui, ma assolto
già in primo grado, il generale
Vincenzo Lops, che lo aveva preceduto al comando della base. Ora Stano,
diventato alto funzionario presso il ministero della Difesa, Stano era in
attesa della Cassazione,che avrebbe potuto confermare l’assoluzione o
bocciarla. Invece tutto si ferma.A meno di una del tutto improbabile richiesta
del ministro, la Cassazione non inizierà neppure
il giudizio sulla sentenza Stano; e il Tribunale militare dovrà interrompere il processo a Di Pauli.
Nella prossima udienza, fissata il 27 febbraio, era prevista la testimonianza
del capo della polizia irachena. Ma i giudici non potranno far altro che
prendere atto che il processo è svaporato. La norma contemplata e a
cui ci si riferisce èinserita
nella legge sul finanziamento delle missioni all’estero. Come ci si comporta
ora dinanzi ai famigliari che chiedono un giusto risarcimento, morale e
materiale?
Quanta superficiale ingerenza, determinata dalla posizione di
potere e dagli interessi personali, che continuano ancora a segnare il percorso
di una giustizia poco giusta.
Sono certo che se avessi chiesto a qualsiasi bambino iracheno un
consiglio su come fare per impedire che qualsiasi
mezzo potesse raggiungere facilmente i pressi della base, sarebbe stato in
grado di rispondere e di trovare una soluzione.
La vicenda è una delle tante vicende Italiane, ove
non si procede per avvenuta prescrizione o per qualsivoglia altro balzello
giuridico nei confronti dei potenti, che fa avvertire il continuo senso di
ingiustizia che pervade ormai gli animi di tutti.
Credo sia d’obbligo la bandiera a mezz’asta, per i militari
caduti e per la stessa giustizia Italiana.
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