Il
Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima) con
sentenza n. 363/2012 ha annullato l'ordine di trasferimento di un
militare, poiché posto in essere con «modalità inutilmente e particolarmente
pregiudizievoli per le esigenze familiari». Nella circostanza il
trasferimento avviene successivamente all’impugnazione da parte del militare del rapporto informativo, con richiesta di accesso agli atti. Sembrava una
palese ritorsione da parte dell’amministrazione della Difesa.
Ciò che ancora
la Giustizia Amministrativa trova difficile fare, seppure le ragioni siano
attribuite al ricorrente e non all’amministrazione resistente , è addebitare le
spese alla parte soccombente, quando questa è l’’amministrazione pubblica che
ha suscitato l’azione legale della controparte, ma decide quasi sempre per la
solita compensazione delle spese, adducendo motivi più o meno valenti. Non vi è
invece alcuna difficoltà addebitarle al dipendente pubblico qualora sia questo
a soccombere in giudizio. La Cassazione si è espressa sulla debenza delle
spese di giudizio , affermando che le stesse devono essere a carico della parte
soccombente, ma la giustizia amministrativa pare trovi sempre qualche
difficoltà nel volerle attribuire all’amministrazione Pubblica, seppure essa
sia rappresentata dall’avvocatura dello Stato , che ad onor del vero, oggi,
deve comunque essere individuata nell’azione e nella responsabilità di un
singolo soggetto. In conclusione, per far valere le proprie ragioni, innanzi ai
giudici amministrativi, si deve in qualche modo pagare il pegno, anche davanti
ad azioni, a dir poco, persecutorie.
Sarebbe il caso di interessare la Corte Europea per la
garanzia dei diritti dell’uomo “militare" ?
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