Con la Sentenza n. 21816/2008, la Corte di Cassazione si è
pronunciata in materia di validità dei verbali di accertamento per quanto
riguarda infrazioni al Codice della Strada. Il caso in Esame riguarda una
cittadina la quale aveva promosso ricorso al Giudice di Pace di Roma avverso un
verbale di accertamento di infrazione al codice della strada con il quale le
era stata elevata una multa per aver proseguito la marcia con il proprio
autoveicolo mentre il semaforo segnava il rosso. Il Giudice di Pace rigettava
il ricorso ritenendo provato, in base al verbale di contravvenzione, che
l’opponente aveva proseguito la marcia nonostante che la lanterna semaforica
proiettasse al momento del suo passaggio luce rossa. La Suprema Corte ha
osservato che occorre considerare che, con riferimento al verbale di
accertamento di una violazione del codice della strada, l’efficacia di piena
prova, fino a querela di falso, che deve riconoscersi allo stesso in dipendenza
della sua natura di atto pubblico - oltre che quanto alla provenienza dell’atto
ed alle dichiarazioni rese dalle parti, anche relativamente “agli altri fatti
che il pubblico ufficiale che lo redige attesta essere avvenuti in sua presenza
o da lui compiuti”, non sussiste né con riguardo ai giudizi valutativi che esprima
il pubblico ufficiale, né con riguardo alla menzione di quelle circostanze
relative a fatti i quali, in ragione delle loro modalità di accadimento
repentino, non si siano potuti verificare e controllare secondo un metro
sufficientemente obbiettivo, e abbiano pertanto potuto dare luogo a una
percezione sensoriale implicante margini di apprezzamento, come nell’ipotesi in
cui quanto attestato dal pubblico ufficiale concerna non la percezione di una
realtà statica, quali come la descrizione dello stato dei luoghi, senza oggetti
in movimento, bensì, come per l’appunto nel caso di specie, l’indicazione di un
corpo o di un oggetto in movimento, con riguardo allo spazio che cade sotto la
percezione visiva del verbalizzante. Il Giudice di Pace ha ribadito la Corte
ha errato nell’attribuire efficacia di prova munita di fede privilegiata al
verbale di contravvenzione, ritenendo provati i fatti senza compiere i
necessari accertamenti e non ammettendo la prova testimoniale articolata
dall’opponente. Su tali basi la Corte ha accolto il ricorso.
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